Sollevata dal TAR questione di costituzionalità innanzi alla Consulta del dl n. 172/2021, nella parte in cui prevede quale effetto del mancato obbligo vaccinale l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie

Non si può sospendere il libero professionista non vaccinato

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Il TAR Lombardia, con la sentenza n. 109/2022 (sotto allegata) chiarisce che non si può sospendere dallo svolgimento dell'attività e dall'albo il medico, titolare di uno studio privato perché non si è vaccinato. La tutela della salute pubblica va contemperata anche con il diritto al lavoro dei sanitari e poiché i dipendenti possono, se non vaccinati, essere adibiti a mansioni che non comportino un contatto diretto con le persone, anche ai medici privati si deve dare l'opportunità di esercitare la propria attività in sicurezza, attraverso la telemedicina, attività formative ecc.

Agli ordini professionali rendere note ai cittadini, nelle modalità più opportune, le informazioni relative all'adempimento degli obblighi vaccinali da parte degli iscritti. Non occorre sospendere il libero professionista dall'iscrizione all'albo.

Sulla sospensione dei sanitari che non si vaccinano sollevata questione di costituzionalità

Ricordiamo che sull'obbligo vaccinale dei sanitari il TAR Lombardia-Milano con l'ordinanza 192/2022 ha sollevato questione di costituzionalità innanzi alla Consulta "Con separata ordinanza il Collegio ritiene di dover sollevare la questione di legittimità costituzionale

dell'articolo 4, comma 4, del decreto legge 1 aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni nella legge 28 maggio 2021, n. 76, così come modificato dal decreto legge 26 novembre 2021, n. 172, convertito nella legge 21 gennaio 2022, n. 3, nella parte in cui prevede, quale effetto dell'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, -l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie-."

Sanitario non assolve all'obbligo vaccinale

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Un medico, iscritto all'albo e titolare di uno studio professionale, ricorre al TAR della Lombardia contro l'ATS (Azienda di tutela della Salute) locale, per chiedere l'annullamento di due atti con cui l'ATS, dapprima lo invita a sottoporsi alla vaccinazione obbligatoria e poi, accertato il non adempimento dell'obbligo, lo invita formalmente a vaccinarsi, avvertendo che, in difetto, sarebbe scattata la comunicazione dell'accertata inosservanza, all'ordine di appartenenza. Richiesto dal ricorrente anche l'annullamento di tutti gli atti collegati ai precedenti e il risarcimento per i danni subiti.

Nel ricorrere al TAR il medico solleva diversi motivi, alcuni dei quali lamentano la violazione, da parte della ATS, di principi sanciti a livello Europeo e costituzionale, chiedendo di sollevare alcune questioni innanzi alla Corte di giustizia UE e alla Consulta.

Il medico ritiene che l'obbligo vaccinale imposto ai sanitari violi il principio di autodeterminazione, stante la non necessità e idoneità della vaccinazione a ridurre il contagio dalla Sars e di non discriminazione. Sostiene inoltre che sia sproporzionato e irragionevole sospendere i medici liberi professionisti dall'esercizio della professione in conseguenza del mancato rispetto dell'obbligo vaccinale.

Concentrando l'attenzione sull'ultima questione sollevata, il ricorrente precisa a tale riguardo che "l'imposizione dell'obbligo vaccinale ai liberi professionisti che operano esclusivamente negli studi privati non sarebbe giustificata dall'esigenza di erogare le prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza, in quanto l'accesso alle cure somministrate dagli stessi costituisce una scelta libera e non necessitata del paziente".

Discriminatorio sospendere i medici privati, praticabile l'attività online

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Il TAR, nel decidere si sofferma in particolare su tale ultima questione, accogliendo, dopo il rigetto dei precedenti motivi, tale doglianza perché in effetti, se dalla normativa sull'obbligo vaccinale per i sanitari emerge che il personale non vaccinato può essere pericoloso per la collettività nel momento in cui svolge mansioni che comportano un contatto diretto con le persone, è anche vero che "residua la generale facoltà di svolgere tutte quelle prestazioni o mansioni, comunque riconducibili allo svolgimento della professione sanitaria, che non comportano contatti interpersonali di prossimità e non creino un concreto rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2."

Questo, per il TAR, è l'unico modo per tutelare i sanitari, garantendo agli stessi il diritto di ricavare dalla propria attività quanto necessario per mantenere la loro sua famiglia in modo dignitoso, salvaguardando nel contempo la salute pubblica. Precludere in modo netto e automatico ai sanitari non vaccinati, di esercitare la loro professione, per il TAR produce anche una discriminazione irragionevole "tra i sanitari che esercitano la professione come lavoratori subordinati o parasubordinati e quelli che la esercitano come lavoratori autonomi, in quanto per i primi, a differenza che per i secondi, non è previsto un divieto assoluto di esercitare l'attività lavorativa, ancorché relegato allo svolgimento di mansioni - anche inferiori - che non implichino rischi di diffusione del contagio e sempre che l'organizzazione aziendale lo permetta."

Occorre quindi contemperare il perseguimento della salute pubblica e l'esercizio della professione sanitaria in sicurezza, con l'interesse del sanitario a svolgere un'attività lavorativa. Risultato raggiungibile se si evitano in senso stretto i contatti interpersonali in quanto "nell'ambito delle professioni sanitarie, esistono delle attività, praticabili grazie alla tecnologia sanitaria, che il personale sanitario può svolgere senza necessità di instaurare contatti interpersonali fisici, quali ad esempio l'attività di telemedicina, di consulenza, di formazione e di educazione sanitaria, di consultazione a distanza mediante gli strumenti telematici o telefonici, particolarmente utili per effettuare una prima diagnosi sulla base di referti disponibili nel fascicolo sanitario telematico e per fornire un'immediata e qualificata risposta alla crescente domanda di informazione sanitaria, le quali non potrebbero essere svolte in caso di sospensione dall'esercizio della professione sanitaria."

Ne consegue che la sospensione dallo svolgimento delle prestazioni sanitarie, per chi non si sottopone alla vaccinazione obbligatoria, non può coincidere con la sospensione dall'albo professionale, perché se è vero che i cittadini pazienti hanno di diritto di saper se e chi, dei sanitari a cui si rivolgono, ha fatto o meno il vaccino, è anche vero che la sospensione dall'albo non è l'unico modo per pubblicizzare e rendere nota tale informazione. Spetta quindi ai vari Ordini trovare mezzi di comunicazione alternativi. Infatti precisa il TAR "Saranno in ogni caso demandate all'autonomia ed all'autogoverno dei singoli Ordini professionali, ai quali è riservato in via esclusiva il compito di tenere aggiornato l'albo degli iscritti sia la predisposizione delle modalità di annotazione dell'atto di accertamento (…) che l' esercizio della fondamentale funzione di vigilanza sul rispetto della misura interdittiva di natura preventiva."

Scarica pdf Tar Lombardia n. 109-2022

Foto: 123rf.com
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