Il contributo per il funzionamento del Cnf è dovuto anche dagli avvocati ordinari, non solo dai cassazionisti

Il contributo al Cnf è dovuto da tutti gli avvocati

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Il Cnf è un organismo che svolge le sue funzioni nell'interesse di tutta la categoria degli avvocati, non solo di quelli iscritti nell'albo speciale per l'esercizio della professione davanti alle giurisdizioni superiori. Il contributo dovuto per il suo funzionamento è pertanto a carico di tutti gli avvocati, il cui importo è rapportato alle spese per il funzionamento del Cnf. Non si pone quindi questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 23 della Costituzione. Questi i chiarimenti forniti dalla Cassazione n. 30963/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Il Coa di Roma stabilisce che a partire dal 2001 il contributo di cui all'art 14 del Dlgs n. 382/1944 non deve più essere riscosso nei confronti degli avvocati che non sono iscritti negli albi che li abilitano all'esercizio della professione davanti alle giurisdizioni superiori. Gli avvocati ai quali è stato richiesto il contributo annuo di 25,83 euro dal 2005 al 2009 ricorrono alla CTP di Roma, che lo respinge.

Gli avvocati fanno appello quindi alla CTR Lazio, la quale stabilisce però che il contributo è dovuto da tutti gli avvocati e non solo da quelli abilitati alle giurisdizioni superiori. Questo perché il Cnf svolge funzioni nell'interesse di tutta la categoria e non solo dei cassazionisti. Respinta anche la questione di incidente di costituzionalità relativa alla mancata predeterminazione dei criteri legali necessari alla quantificazione dei contributi dovuti.

Per gli avvocati ricorrenti il contributo al Cnf è dovuto solo dai cassazionisti

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Gli avvocati ricorrenti si rivolgono alla Corte di Cassazione sollevando tre motivi di ricorso.

Con il primo riaffermano la tesi secondo cui l'art. 14 del dlgd. n. 382/1944 in realtà limita l'obbligo del versamento del contributo dovuto al Cnf solo agli avvocati cassionisti perchè il Cnf non fornisce servizi agli avvocati non iscritti all'albo delle giurisdizioni superiori e perché gli ordini territoriali impongono già agli avvocati ordinari il contributo di iscrizione all'albo, il contributo di iscrizione all'albo dei praticanti, la tassa per il rilascio dei pareri relativi alla liquidazione del compenso e quello per il funzionamento dell'ordine territoriale. Per gli avvocati ordinari per queste attività dei Coa è corretto il versamento di dette somme perché gli importi richiesti sono correlati alle attività svolte. Questo però non accade per il Cnf.

Gli avvocati rilevano nel secondo motivo che la riforma degli ordinamenti professionali contenuta nel DPR 137/2012, che ha introdotto l'albo unico nazionale, conferma la loro tesi, ossia che il contributo per il Cnf è dovuto, in relazione all'epoca anteriore, solo dagli avvocati cassazionisti.

Con il terzo motivo propongono in via subordinata questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 del dlgs n. 382/1944, che si pone in evidente contrasto con l'art. 23 della Costituzione, la quale dispone che" Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge" stante la mancata predeterminazione legale dei criteri per la quantificazione del contributo.

Il Cnf svolge funzioni nell'interesse di tutti gli avvocati

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La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. I primi due motivi, analizzati congiuntamente perché estremamente connessi sono infondati. Così come infondata è anche la questione di costituzionalità sollevata con il terzo motivo.

La Cassazione inizia la sua analisi dalla lettera dell'art. 14 del dlgs n. 382/1944, il quale dispone che: "Le commissioni predette (Commissioni centrali) esercitano le attribuzioni stabilite dagli ordinamenti professionali vigenti ed inoltre danno parere sui progetti di legge e di regolamento che riguardano le rispettive professioni e sulla loro interpretazione, quando ne sono richiesti dal Ministro per la grazia e giustizia. Determinano inoltre la misura del contributo da corrispondere annualmente dagli iscritti nell'albo per le spese del proprio funzionamento."

Dalla norma si evince che le norme quadro indicate possono poi essere integrate e specificate da quelle dell'ordinamento professionale. Quanto al termine "albo" indicato nella norma e nel provvedimento in generale, fa riferimento a un concetto generico, per cui il contributo deve intendersi dovuto da tutti gli avvocati, indipendente da tipo di albo specifico, ordinario o abilitante all'esercizio innanzi alle giurisdizioni superiori.

La stessa Cassazione, in un precedente, ha chiarito che il contributo al Cnf è dovuto "al di fuori di un rapporto sinallagmatico con l'iscritto." Trattasi infatti di un contributo che si ispira al principio di solidarietà di cui i ricorrenti sono ben consapevoli, anche se poi affermano che in relazione al periodo temporale in questione il Cnf ha costituito un servizio solo per i cassazionisti.

Tesi che la Cassazione non ritiene condivisibile perché nella evoluzione della normativa del Cnf i cassazionisti prima di tutto non cessano di essere iscritti anche all'albo ordinario e poi perché il Cnf svolge le sue funzioni nell'interesse di tutti gli avvocati. Esso controlla il corretto esercizio della professione su tutto il territorio, approva il codice deontologico, ed è giudice di seconda istanza in materia disciplinare. Attività quest'ultima che garantisce la libertà e l'autonomia degli avvocati perché il controllo viene esercitato come espressione dell'autogoverno e accresce il prestigio della categoria proprio perché c'è un organo indipendente che sanziona le condotte abusive. L'art. 14 attribuisce inoltre alle Commissioni (al Cnf) il compito di redigere pareri sui progetti di legge e di regolamento che riguardano le professioni e anche questo compito è esercitato nell'interesse generale della categoria.

A queste si aggiungono anche altre funzioni che il Cnf compie per tutti gli avvocati e la Riforma del 2012 ha accentuato ancora di più questo aspetto. Essa ha sviluppato e precisato ancora più nel dettaglio i compiti del Cnf, il cui svolgimento nell'interesse di tutti gli avvocati era già stato sottolineato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 171/1996.

"Pertanto, poiché il Consiglio Nazionale Forense svolge e svolgeva anche in epoca anteriore alla riforma operata dalla legge 247/2012 compiti e funzioni di interesse generale per tutta la categoria professionale degli avvocati, al suo funzionamento devono concorrere tramite il versamento del contributo previsto dall'art. 14 del Dlgs. n. 382/1944 tutti gli avvocati iscritti all'albo professionale, anche se non iscritti all'albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori."

Manifestamente infondata infine la questione di costituzionalità sollevata in quanto "l'art. 14 del Dlgs n. 382/1944 nel conferire alle Commissioni centrali (e quindi anche al Cnf) il potere di imporre agli iscritti all'albo professionale un contributo, rapportato alle spese necessarie al suo funzionamento, non si pone in contrasto con l'art. 23 Cost. per difetto di determinatezza, poiché la prestazione è imposta in base ad una previsione di legge che contempla la destinazione della prestazione, collegandola specificamente ad un parametro, quali le spese per il funzionamento dell'ente, la cui concreta quantificazione segue procedure legalmente predeterminate (…)."

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Foto: 123rf.com
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