La Cassazione ribadisce che i permessi previsti dalla legge 104 per dare assistenza al parente disabili devono essere utilizzati solo per tale finalità

Licenziamento disciplinare per abuso permessi legge 104

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La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sull'utilizzo improprio dei permessi riconosciuti dalla legge n. 104/1992 per assistere i parenti disabili. Nel caso di specie un dipendente, nei due giorni concessi al per assistere la madre, è stato colto dall'investigatore incaricato dal datore di lavoro, a compiere attività del tutto incompatibili con quelle assistenza al genitore. Legittimo quindi il licenziamento disciplinare. L'utilizzo improprio dei permessi non solo costituisce un abuso del diritto. Lo stesso viola anche i principi di buona fede e correttezza nei confronti del datore e dell'ente assicurativo. Queste le conclusioni degli Ermellini nell'ordinanza n. 17102/2021 (sotto allegata).

Nella vicenda processuale, i giudici di primo e secondo grado sono concordi nel confermare il licenziamento disciplinare di un dipendente perché, nei giorni in cui lo stesso ha usufruito dei permessi previsti dalla legge 104 per assistere la madre, in realtà ha svolto attività del tutto incompatibili con l'assistenza. L'accertamento investigativo commissionato dalla società datrice ha infatti rivelato che lo stesso dapprima si è recato al mercato, poi al supermercato e infine al mare con la famiglia.

E' inoltre emerso che il cambio di residenza della madre presso il dipendente non è mai stato comunicato alla società datrice. Da qui l'impossibilità per il datore di effettuare i dovuti controlli. Corretta quindi per i giudici la sanzione espulsiva prevista dall'art. 54 del CCNL prevista in caso di violazioni dolose gravi che non consentono la prosecuzione del rapporto di lavoro. Legittimo infine ricorrere all'investigatore per verificare la presenza di condotte illecite dei dipendenti durante i permessi.

L'assistenza deve essere prestata negli orari che coincidono col lavoro?

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Il lavoratore si oppone alla decisione del licenziamento disciplinare ricorrendo in Corte di Cassazione, innanzi alla quale solleva ben 5 motivi.

  • Con il primo rileva che la sentenza è viziata nella parte in cui ritiene circostanza nuova mai denunciata nelle precedenti fasi del giudizio la doglianza con cui il lavoratore ha fatto presente che ai sensi dell'art. 3 dello Statuto dei lavoratori il datore è tenuto a informare il dipendente di essere soggetto a controlli.
  • Con il secondo censura la sentenza nel punto in cui il collegio ha ritenuto provati i fatti contestati, poiché non ha rispettato le regole sull'apprezzamento della prova.
  • Con il terzo fa presente che spettava al datore di lavoro dimostrare il fatto materiale in grado di giustificare il licenziamento.
  • Con il quarto rileva che la Corte ha errato nel ritenere che l'attività di assistenza in favore della madre dovesse essere svolta nelle ore coincidenti con quelle del lavoro.
  • Con l'ultimo infine contesta la valutazione di proporzionalità della sanzione irrogata in relazione al fatto contestato.

I permessi legge 104 vanno usati solo per dare assistenza al disabile

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La Corte di Cassazione rigetta il ricorso del lavoratore ritenendo i primi tre motivi e il quinto inammissibili e il quarto del tutto infondato.

Il primo motivo in particolare è inammissibile perché la norma invocata dal lavoratore riguarda la vigilanza dell'attività lavorativa del dipendente, non il controllo del dipendente fuori dal luogo di lavoro: Attività consentita al fine di accertare l'utilizzo illecito dei permessi della legge n. 104/1992.

Il terzo e il quarto invece sono inammissibili perché censurano valutazioni di merito, al fine di ottenere una nuova interpretazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Infondato il quarto motivo in base al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità "in forza del quale l'assenza dal lavoro per usufruire di permesso ai sensi della l. 104/1992 deve porsi in relazione causale diretta con lo scopo di assistenza al disabile, con la conseguenza che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere ad esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell'ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari."

Inammissibile infine il quinto perché quando si deve giudicare l'irrogazione di un licenziamento per giusta causa sia l'accertamento dei fatti che la gravità e proporzione della sanzione sono rimessi alla valutazione del giudice.

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Scarica pdf Cassazione n. 17102/2021

Foto: 123rf
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