
- Ratifica convenzione di Ginevra contro violenza e molestie sul lavoro
- La normativa italiana sulle molestie o violenze sul lavoro
- Uno strumento in più nell'azione di contrasto a violenze e molestie
Ratifica convenzione di Ginevra contro violenza e molestie sul lavoro
Con la Legge 4 del 2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio, l'Italia ha ratificato la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro sull'eliminazione della violenza e delle molestie sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019. Con detta ratifica l'Italia si è impegnata ad adottare leggi, regolamenti e politiche che garantiscano il diritto alla parità e alla non discriminazione in materia di impiego e professione. Le violenze e le molestie nell'ambito lavorativo rappresentano, infatti, una grave violazione dei diritti umani
La normativa italiana sulle molestie o violenze sul lavoro
A prescindere dall'adozione della Convenzione di Ginevra, la normativa italiana già prevede garanzie volte a tutelare chi subisce molestie o violenze sul posto di lavoro.
La persona che le subisce, infatti, può procedere contro il molestatore o la molestatrice, ma anche contro il datore di lavoro, il quale è tenuto per legge a proteggere i suoi dipendenti dalle molestie sessuali e deve adottare misure atte ad impedirle sin dall'inizio. Tali misure devono garantire un clima di lavoro che rispetti la sfera personale dei dipendenti e che impedisca il verificarsi di molestie sessuali sul posto di lavoro. L'art. 2087 del Codice civile prevede "un generale obbligo di sicurezza sul lavoro, imponendo all'imprenditore di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l'integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore". E in attuazione di questo obbligo generale il D.lgs. 81/2008 - Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - all'articolo 28, "ha collocato, fra i rischi lavorativi oggetto della valutazione che ogni datore di lavoro è obbligato ad effettuare, quelli 'riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui (...) quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza (…), nonché quelli connessi alle differenze di genere'". L'articolo 26 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (c.d. codice delle pari opportunità tra uomo e donna) sancisce "una equiparazione tra molestie sessuali e discriminazioni di genere (Cass. civ. Sez. lavoro, Sentenza 15 novembre 2016, n. 23286). Le molestie sessuali sono, infatti, identificate come discriminazioni costituite da 'quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo'. Questa parificazione è funzionale all'estensione alle molestie della disciplina e della tutela previste per le discriminazioni, in modo particolare, per quanto riguarda i meccanismi processuali e sanzionatori".
Sempre a livello normativo più recentemente, "la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) ha modificato l'articolo 26, inserendovi due nuovi commi".
La prima nuova disposizione (comma 3-bis) "prevede una specifica tutela per chi agisce in giudizio per aver subito una molestia o molestia sessuale in azienda. Si prevede che la lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale sul luogo di lavoro non può essere: sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro se tale misura è la conseguenza della denuncia stessa. L'eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio nei confronti della lavoratrice o del lavoratore denunciante è nullo e questi ha diritto non già al risarcimento del danno, ma alla reintegra sul posto di lavoro. Allo stesso modo sono nulli anche il mutamento di mansioni nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante".
Si ricorda poi che il nuovo comma 3-ter dell'articolo 26 del codice delle pari opportunità "precisa come obbligo del datore di lavoro, ai sensi del ricordato art. 2087 c.c., sia quello di assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l'integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Aggiunge, inoltre, che le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza".
Uno strumento in più nell'azione di contrasto a violenze e molestie
L'adozione della Convenzione di Ginevra, tuttavia, costituisce un importante strumento nell'azione di contrasto alle violenze e alle molestie commesse nel mondo del lavoro, in quanto si tratta del primo trattato internazionale che stabilisce il diritto di tutti, non solo di qualche gruppo specifico, a un mondo libero da violenza e molestie, e precisa cosa debba essere fatto e da chi, per prevenirle ed affrontarle.
Inoltre, pur proponendosi di tutelare tutti dalla violenza e dalle molestie sul lavoro, il documento riconosce che le donne sono colpite da queste ultime in misura sproporzionata e che per assicurare loro una protezione effettiva bisogna adottare misure specifiche.
La Convenzione, infine, riconosce anche gli effetti della violenza domestica sul mondo del lavoro e chiede agli Stati membri di adottare le misure adeguate per mitigarne l'impatto. Infatti la violenza domestica e quella sul posto di lavoro sono due facce della stessa medaglia per cui non si può non tener conto di questo nesso e del fatto che l'accesso ad un lavoro sicuro e dignitoso rappresenta un requisito essenziale per consentire a molte donne di liberarsi da relazioni di coppia nocive e violente.
La ratifica del Trattato internazionale da parte dell'Italia ha un valore simbolico molto forte, in quanto testimonia l'impegno del nostro Paese a contrastare e prevenire con un'apposita normativa questo tipo di abusi che costituiscono una vera e propria violazione dei diritti umani.
Avv. Francesca Della Ratta