La Corte costituzionale ha ammesso anche i giudici di pace al rimborso delle spese di difesa nei giudizi connessi all'esercizio delle loro funzioni

Art. 18 d.l. n. 67/1998 illegittimo

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La Consulta, con la sentenza numero 267 depositata il 9 dicembre 2020 e qui sotto allegata, ha dichiarato illegittimo l'articolo 18 del decreto legge numero 67/1998, convertito dalla legge numero 135/1997, nella parte in cui non prevede anche per i giudici di pace il diritto a essere rimborsati delle spese di difesa eventualmente sostenute.

In particolare, tale norma, nella sua attuale formulazione, riconosce solo ai giudici ordinari il diritto a ottenere il rimborso, da parte del ministero della giustizia, delle spese delle quali si sono fatti carico per la difesa in giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa per fatti di servizio, se gli stessi si sono conclusi con un provvedimento che ha escluso la responsabilità dei magistrati.

Anche il GdP ha diritto a lavorare in maniera serena e imparziale

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Per la Corte costituzionale, limitare il riconoscimento del rimborso delle spese di difesa ai soli giudici togati, in quanto dipendenti di un'amministrazione statale, è una scelta irragionevole e in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione.

Anche al giudice di pace, pur se si tratta di un funzionario onorario, va garantito lo svolgimento di un'attività serena e imparziale e non influenzata dal rischio economico di eventuali azioni di responsabilità prive di fondamento.

L'identità della funzione del giudicare

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I giudici togati e i giudici onorari, insomma, sotto questo punto di vista non possono subire discriminazioni, considerata "l'identità della funzione del giudicare, e la sua primaria importanza nel quadro costituzionale".

Chiaramente, però, per entrambi il diritto al rimborso è sempre subordinato all'esistenza di un nesso causale (e non meramente occasionale) tra la funzione esercitata e il fatto contestato in giudizio.

Scarica pdf sentenza Corte costituzionale n. 267/2020
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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