La struttura sanitaria può incorrere in responsabilità medica in ragione di due diversi fatti, sui quali di recente si è soffermata la Cassazione

Struttura sanitaria responsabile a due titoli

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L'ordinanza numero 24688/2020 qui sotto allegata della Corte di cassazione è tornata a precisare che la responsabilità medica di una struttura sanitaria può fondarsi su due distinti fatti:

l'inadempimento degli obblighi che, per legge, presiedono all'erogazione dei servizi sanitari (si pensi, ad esempio, alla responsabilità per mancata sorveglianza o a quella per infezioni nosocomiali);

l'attività illecita che trova la sua occasione nell'erogazione del servizio sanitario e che può essere imputata, ai sensi dell'articolo 1228 del codice civile, a coloro della cui attività la struttura si sia avvalsa.

La condotta negligente del medico non può essere isolata

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Per i giudici, nel valutare la condotta negligente di un medico, non è possibile procedere a un esame isolato rispetto alle scelte organizzative, di politica sanitaria e di razionalizzazione dei servizi operate dalla struttura di cui il sanitario è parte integrante.

A tale proposito, non può non considerarsi, peraltro, che l'articolo 1228 del codice civile fonda "l'imputazione al debitore degli illeciti commessi dai suoi ausiliari sulla libertà del titolare dell'obbligazione di decidere come provvedere all'adempimento, accettando il rischio connesso alle modalità prescelte, secondo la struttura di responsabilità da rischio d'impresa (cuius commoda eius et incommoda) ovvero, descrittivamente, secondo la responsabilità organizzativa nell'esecuzione di prestazioni complesse".

Il rischio dell'utilizzazione di terzi

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La Corte ha quindi ricordato che, se una struttura sanitaria si avvale della collaborazione di un medico, la stessa deve rispondere dei pregiudizi che questi ha cagionato e che, in proposito, la sua responsabilità trova fondamento non nella colpa "in eligendo" degli ausiliari o "in vigilando" circa il loro operato, ma nel rischio che è intrinseco all'utilizzazione dei terzi.

Avvalersi di attività altrui per adempiere una propria obbligazione, insomma, comporta di per sé l'assuzione del rischio per i danni eventualmente cagionati al creditore.

La prova della clinica

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A fronte di ciò, è sulla clinica medica che grava l'onere di vincere la presunzione di responsabilità di pari contribuzione al danno, provando:

  • la diversa misura della colpa;
  • la diversa misura della derivazione causale del danno.

Non è invece sufficiente a escludere la corresponsabilità la circostanza che l'inadempimento è ascrivibile alla condotta del medico.

Scarica pdf Cassazione n. 24688/2020
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
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