Una lunga convivenza coniugale ostacola la delibazione di sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio. Ecco cosa ha detto la Cassazione

Domanda di delibazione sentenza di nullità matrimonio concordatario

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Nel rispetto dell'orientamento giurisprudenziale delle SU n. 16379/2014, la Cassazione con l'ordinanza n. 19329/2020 (sotto allegata) respinge il ricorso di un marito verso la sentenza della Corte d'Appello, che ha negato la dichiarazione di efficacia della sentenza del Tribunale Ecclesiastico, che ha accertato la nullità del matrimonio concordatario per l'omosessualità del marito. Del resto, come rilevano gli Ermellini, la Corte d'Appello, nel pronunciarsi si è attenuta all'orientamento giurisprudenziale citato, ribadendo che convivenza almeno triennale "come coniugi" risulta ostativa alla dichiarazione di efficacia nella Repubblica Italiana delle sentenze definitive di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici. Ma vediamo ora come si è giunti alla suddetta pronuncia della Corte di legittimità.

La convivenza triennale sana il vizio se scoperto prima o se è venuto meno

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Il marito, a cui la Corte d'appello ha negato la delibazione della sentenza di nullità del matrimonio pronunciata dal Tribunale Ecclesiastico, ricorre in Cassazione sollevando tre motivi di doglianza.

  • Con il primo denuncia la violazione dell'art. 8 co. 2 dell'Accordo di revisione del Concordato lateranense e dell'art. 4 lett. b) del Protocollo addizionale, lamentandosi di come la Corte si sia limitata a richiamare le SU n. 16379/2014, senza effettuate un controllo sulla conformità della sentenza
    ecclesiastica all'ordine pubblico interno.
  • Con il secondo fa presente che la convivenza triennale può sanare il matrimonio atto solo se il vizio genetico viene scoperto o se viene meno prima della convivenza. Solo in questo caso si può ravvisare "un'implicita volontà di conservazione di un vincolo non voluto liberamente o coscientemente in origine e accettato consapevolmente seppure a posteriori."
  • Con il terzo infine denuncia l'omesso controllo sulla conformità della sentenza ecclesiastica all'ordine pubblico interno.

Lunga vita matrimoniale "serena" ostacola delibazione sentenza ecclesiastica

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La Cassazione con l'ordinanza n. 19329/2020 (sotto allegata) rigetta il ricorso per le ragioni che si vanno a illustrare.

Per quanto riguarda i primi due motivi la Corte li esamina congiuntamente perché strettamente connessi, rilevando come la sentenza impugnata, nel negare riconoscimento alla sentenza ecclesiastica, si è rifatta ad un orientamento oramai consolidato "secondo il quale la convivenza triennale come coniugi, quale elemento essenziale del matrimonio rapporto, se protrattasi per almeno tre anni dalla celebrazione del matrimonio concordatario, integra una situazione giuridica di "ordine pubblico italiano", caratterizzata da una complessità fattuale strettamente connessa all'esercizio di diritti , adempimento di doveri e assunzione di responsabilità di natura personalissima; sussiste in proposito una inderogabile esigenza di tutela che trova fondamento nei principi di sovranità e di laicità dello Stato, come affermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 18 del 1982 e 203 del 1989, ostativa alla dichiarazione di efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal Tribunale ecclesiastico per qualsiasi vizio genetico del "matrimonio atto."

Nel 2014 infatti le Sezioni Unite hanno sanato il contrasto giurisprudenziale in materia valorizzando il matrimonio rapporto e ritenendo che l'instaurazione della convivenza, intesa come comunione di vita e affectio coniugalis comporta un'accettazione consapevole e volontaria di qualsiasi vizio relativo al matrimonio, che ostacola la delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità del vincolo canonico.

La Cassazione a tale proposito ricorda che nel caso di specie il matrimonio è stato celebrato il primo ottobre del 1989, che per 8 anni la vita matrimoniale è trascorsa serenamente, tanto che nel 1991 è nata una bambina. Solo dal 1997, l'inclinazione sessuale dell'uomo, pur preesistente ma latente, ha caratterizzato la sua fisionomia psichica. La Corte D'Appello infatti, nel negare la dichiarazione di efficacia della sentenza Ecclesiastica di nullità del matrimonio, non ha dato rilievo al momento in cui la moglie si è resa effettivamente conto dell'inclinazione sessuale del marito, ma ha dato più importanza agli 8 anni di convivenza precedenti la scoperta, avvenuta nell'ottobre del 1997, momento a partire dal quale la coppia ha iniziato a litigare, tanto che nel 2000 la donna ha presentato ricorso per separazione personale.

Lunga convivenza impedisce delibazione sentenza di nullità del matrimonio?

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In un precedente simile la Cassazione con l'ordinanza n. 11808/2018 ha negato la delibazione della sentenza di nullità del matrimonio dei giudici ecclesiastici sempre legata alla scoperta omosessualità del marito perché dopo le nozze i coniugi hanno convissuto per 14 anni e hanno avuto una figlia. Solo dopo il lieto evento infatti è venuta a galla l'inclinazione sessuale del marito, ma questo non bastato per scalfire l'importanza di ordine pubblico che riveste la convivenza coniugale per il nostro ordinamento e che è di ostacolo alla delibazione della sentenza di nullità del matrimoni atto da parte del Tribunale ecclesiastico.

Orientamento che però di recente è stato contraddetto dalla sentenza n. 7923/2020 della Cassazione, in un caso però in cui l'omosessualità era della moglie. Gli Ermellini in questo caso hanno infatti aperto le porte alla delibazione della sentenza del Tribunale Ecclesiastico, nonostante l'unione matrimoniale fosse durata dieci anni e dalla stesso fossero nati ben tre figli.

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Foto: 123rf.com
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