È nullo il contratto della carta di credito revolving stipulato in un centro commerciale durante l'acquisto di un bene determinato

Le carte di credito revolving

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Le società finanziarie, molto spesso, sollecitano i commercianti di beni determinati a concedere delle carte di credito revolving contestualmente alla concessione di un finanziamento per l'acquisto di un bene determinato.
Ciò avviene, di frequente, all'interno dei centri commerciali, durante l'acquisto di beni.
Tali contratti, solitamente, contengono unicamente gli elementi identificativi del finanziamento per il bene specifico finanziato, con un generico e criptico richiamo alla possibilità per la società finanziaria di concedere, in futuro, e a proprio insindacabile giudizio, una carta di credito revolving, ovvero un credito rotativo.
Tale pratica risulta palesemente illegittima e, pertanto, produce la radicale nullità del contratto di credito revolving, per diversi motivi, con importanti conseguenze favorevoli per il cliente.

Nullità per mancanza di forma scritta ex art. 117 TUB

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Un siffatto accordo contrattuale, oltre ad essere nullo in quanto la parte proponente assume un obbligo sottoposto ad una condizione sospensiva meramente potestativa, dipendente dal proprio arbitrio, in violazione dell'art. 1355 c.c., è comunque nullo per violazione dell'art. 117 T.U.B., per come di seguito specificato.
La ratio della disposizione normativa da ultimo citata, infatti, è proprio quella di garantire la piena e completa trasparenza dei rapporti contrattuali tra l'istituto di credito ed il cliente, allo scopo di consentire a quest'ultimo di conoscere e verificare analiticamente le condizioni contrattualmente previste.
E il rapporto di credito revolving in discorso risulta spesso connesso ad una linea di credito del tutto nuova e autonoma rispetto a quella finalizzata all'acquisto del bene determinato indicato in contratto.
Non si può sottacere che l'operazione di finanziamento in questione è stata più volte portata all'attenzione dell'Arbitro Bancario Finanziario (ABF), il quale, riconoscendo la sostanziale autonomia dei finanziamenti, ha statuito la radicale nullità del contratto revolving, censurando tale prassi contrattuale in termini di violazione dell'art. 117 del T.U.B. che, come noto, richiede la forma scritta, a pena di nullità, dei contratti bancari (cfr. ex pluribus: ABF Collegio di coordinamento, decisione n. 3257/12).
È ormai pacifico nelle copiose decisioni dell'Arbitro Bancario Finanziario (cfr. ex multis: A.B.F. Collegio di Napoli n. 3008/2016) che la concessione di un fido revolving in occasione della sottoscrizione di un prestito finalizzato non vale a sanare la mancanza della forma scritta, mancanza che comporta la nullità del contratto e delle condizioni economiche del rapporto.
In siffatti casi, infatti, il rapporto di credito revolving risulta un'operazione economica del tutto indipendente rispetto all'originario contratto di credito al consumo e, come tale, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dall'art. 117 T.U.B. (cfr., tra le tante, ABF Collegio di Roma, n. 1729/2015 e Collegio di Milano, n. 4268/2014).

L'operazione di finanziamento de quo è stata censurata altresì dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell'Adunanza del 24 maggio 2011 (provvedimento n. 22450/2011), nonché dalla Banca d'Italia, che ha espressamente vietato tale pratica commerciale scorretta.
Anche la giurisprudenza di merito ha avuto modo di evidenziare che la mera sottoscrizione di una clausola scritta in caratteri minuti e contenuta in un modulo avente ad oggetto la richiesta di un prodotto bancario e/o finanziario del tutto diverso da una carta revolving, le cui condizioni sono riportate in documenti separati e nemmeno sottoscritti dal ricorrente, non può in alcun modo soddisfare il requisito della forma scritta imposta dall'art. 117 del TUB, che è finalizzato a soddisfare le esigenze informative del cliente (cfr. ex pluribus: Tribunale Chieti, Sez. Ortona n. 230/2017).

La suddetta giurisprudenza ha trovato pieno conforto anche in sede di giustizia amministrativa, dal momento che il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria (cfr. C.d.S., A.P., n. 14/2012), a conferma della succitata decisione dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ha reputato scorretta la pratica commerciale avente ad oggetto l'utilizzo di documentazione precontrattuale e contrattuale unitaria per due prodotti finanziari sostanzialmente diversi, se da essi si evincano informazioni precise ed esaustive solo per il primo di tali prodotti.
Peraltro, l'art. 125-bis, co. III, T.U.B., prevede espressamente che: "in caso di offerta contestuale di più contratti da concludere per iscritto, diversi da quelli collegati ai sensi dell'articolo 121, comma 1, lettera d) [contratto di credito finalizzato a finanziare la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio specifici] il consenso del consumatore va acquisito distintamente per ciascun contratto attraverso documenti separati".
Pertanto, anche alla luce del chiaro tenore letterale della succitata norma, è evidente che il contratto stipulato dal cliente può riguardare solo ed esclusivamente la concessione di credito al consumo per l'acquisto di un bene specifico, con la conseguente nullità del contratto di credito revolving, privo di forma scritta.

Assenza di un intermediario abilitato

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L'operazione contrattuale in esame è altresì nulla per assenza di un intermediario finanziario abilitato, in palese violazione dell'art. 3, D.lgs. n. 374/1999.

In particolare, il titolare di un'attività commerciale, ovvero da un suo dipendente, non sono affatto abilitati a stipulare contratti per strumenti finanziari diversi da quelli per il finanziamento dei propri beni.
Come noto, infatti, per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento, gli intermediari finanziari devono avvalersi degli agenti in attività finanziaria disciplinati dal D.lgs. n. 374/1999.

Detta prescrizione può essere derogata solo per la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti di finanziamento unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari (credito finalizzato), nel cui ambito non è ricompresa l'attività di promozione e conclusione di contratti di credito revolving, non configurando quest'ultimo un credito finalizzato (cfr. ex multis: A.B.F. - Collegio di Bari, decisione n. 5051/2019; A.B.F. - Collegio di Napoli, decisione n. 9474/2015).

Sul punto, non si può sottacere in ordine al comunicato della Banca d'Italia n. 313116/2010 con il quale è stato specificamente chiarito che, con riferimento alle carte di credito revolving, è vigente l'obbligo degli intermediari finanziari di avvalersi di agenti in attività finanziaria ai fini della promozione e della conclusione dei relativi contratti di finanziamento.
Si tratta di un obbligo espressamente prescritto dall'art. 3 D.lgs. n. 374/1999 e dall'art. 3 del regolamento di cui al D.M. 13.12.2001 n. 485, evidentemente violati nella fattispecie in esame, con conseguente nullità del relativo contratto.

Nullità del contratto di carta revolving per indeterminatezza dell'oggetto

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Giova soggiungere che i contratti in questione sono comunque nulli anche in virtù dell'indeterminatezza dell'oggetto, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c.
In tali contratti, infatti, non è dato evincere né l'ammontare dell'importo finanziato, né l'entità della rata di rimborso, né le altre condizioni essenziali prescritte dalla normativa in materia, in ordine al credito revolving.
Secondo quanto prescritto dall'art. 125-bis T.U.B., i contratti di credito sono redatti su supporto cartaceo o su altro supporto durevole che soddisfi i requisiti della forma scritta e contengono in modo chiaro e conciso le informazioni e le condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR.
Il comma VIII della succitata disposizione normativa, inoltre, specifica che il contratto è nullo se non contiene le informazioni essenziali sull'importo totale del finanziamento e sulle condizioni di prelievo e di rimborso.
Nella fattispecie in esame, in palese violazione con le disposizioni normative succitate, spesso non si comprende neppure quale sia l'oggetto del contratto, sicché il medesimo risulta radicalmente nullo in quanto evidentemente indeterminato.
Le condizioni contrattuali del rapporto di credito revolving, infatti, non risultano mai disciplinate nel documento che la società finanziaria intende considerare come contratto del rapporto di credito rotativo.

Conseguenze della nullità: restituzione delle sole somme effettivamente ricevute dal cliente

La nullità del contratto di credito revolving determina, come diretta conseguenza, che il cliente sarà tenuto a restituire alla società finanziaria unicamente le somme che ha effettivamente ricevuto in forza del contratto nullo, al netto di interessi e spese.

Ciò comporta, altresì, che laddove il cliente abbia restituito una somma maggiore rispetto a quella effettivamente ricevuta, quest'ultimo potrà agire nei confronti della società finanziaria per ottenere la ripetizione dell'importo eccedente, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.

Avv. Claudio Roseto

Specializzato in diritto amministrativo

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