Non è diffamante la risposta irosa di un avvocato a un fax di due colleghi che accusano il suo assistito di un fatto non vero ai danni di una loro cliente

Assolto dal reato di diffamazione l'avvocato provocato

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Il Giudice di Pace assolve l'imputato dal reato di diffamazione. Il Tribunale adito dalla parte civile in appello conferma la decisione di primo grado perché "non punibile per la ritenuta provocazione".

L'imputato, di professione avvocato, è stato accusato di aver inviato a un collega (legale di una lavanderia che rivendicava il pagamento di prestazioni rese all'assistito del difensore accusato) un fax del seguente tenore: "su quanto riferitole, v'è ben poco da replicare se non che tali vaneggiamenti si attagliano appieno alla veste lavorativa della sua assistita."

I giudici di merito, pur riconoscendo il contenuto diffamatorio della missiva, hanno ritenuto che l'avvocato abbia agito nello stato d'ira derivante da un fatto ingiusto altrui. Il fax infatti è stato trasmesso in risposta a quello del giorno precedente inviatogli dagli avvocati di controparte, che hanno contestato l'atteggiamento del debitore che, per zittire le pretese creditorie della loro cliente, le avrebbe lanciato al volto una banconota da 500 euro, all'interno di un locale pubblico.

Accusa ritenuta ingiusta perché in realtà, come dichiarato da alcuni testimoni presenti all'interno del bar, sarebbe stata la donna a lanciare la banconota ricevuta dal debitore al volto di quest'ultimo.

Presupposti esimente provocazione: il ricorso in Cassazione

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La parte civile soccombente in sede di merito ricorre in sede di legittimità precisando prima di tutto che il giudice di secondo grado ha identificato il fatto ingiusto non nel lancio della banconota, ma nell'invio del fax da parte dei legali della donna.

Per la ricorrente mancano quindi i presupposti per riconoscere l'esimente della provocazione, in quanto:

  • il fax inviato all'imputato dai suoi legali era contenuto nella forma e nei toni;
  • il fax non può rappresentare un fatto ingiusto tale da giustificare la reazione dell'imputato, che ha risposto ai propri colleghi offendendo la sua persona.

Non c'è diffamazione se si reagisce a una provocazione

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La Cassazione, con la sentenza n. 17958/2020 rigetta il ricorso perché il motivo sollevato non è fondato. La Corte precisa prima di tutto che il semplice scambio di corrispondenza tra avvocati non rappresenta un fatto ingiusto. Il caso di specie però è diverso in quanto, come rilevato dai giudici di merito, il fax indirizzato dai colleghi all'imputato contiene un'accusa che non coincide con la realtà dei fatti. Come emerso dalle testimonianze non è stato l'assistito dell'imputato a lanciare le banconote al viso della creditrice, ma il contrario. L'ingiustizia subita dall'imputato quindi corrisponde alle false accuse contenute nel fax, che hanno provocato la rabbia del collega, che si è tradotta in una condotta diffamatoria, che però non è punibile ai sensi dell'art. 599 c.p. in quanto, come affermato dal Tribunale ricorre:

  • lo stato d'ira anche se non immediato, come reazione al fatto ingiusto altrui;
  • il fatto ingiusto altrui, derivante dalla violazione di regole giuridiche, morali e sociali;
  • il rapporto di causalità psicologica tra offesa e reazione.

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Scarica pdf Cassazione n. 17958/2020

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