Il giudizio controfattuale richiede che la responsabilità medica venga accertata in base a un criterio di alta probabilità logica

di Annamaria Villafrate - La Cassazione con la sentenza n. 12353/2020 (sotto allegata) accoglie il ricorso del medico sul motivo del nesso di causa. Lo stesso infatti è stato erroneamente ritenuto responsabile di non avere praticato un intervento su una paziente che, anche secondo il collegio dei periti che si sono espressi durante il giudizio aveva una probabilità di sopravvivere del 10-20%. Evidente quindi che la Corte d'Appello non ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da una recente Su, che richiede in sostanza che la responsabilità medica, in virtù del giudizio controfattuale, debba essere accertata in base a un criterio di alta probabilità logica.

Omicidio colposo per il medico che non esegue intervento

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La Corte di Appello conferma la sentenza di condanna di primo grado emessa nei confronti di un medico, ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo di una paziente, affetta da idrocefalo triventricolare. Per la Corte il medico di guardia in servizio presso l'unità di neurochirurgia dell'Ospedale ha sottovalutato colposamente le condizioni della paziente. La Tac a sua disposizione espletata presso un altro Policlinico rivelava la necessità di sottoporre la donna a intervento di derivazione liquorale esterna, per ridurre la pressione intracranica, che però è stato omesso dall'imputato, danneggiando intensamente e irrevocabilmente il cervello della paziente e cagionandone il decesso.

Omesso trattamento farmacologico

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L'imputato ricorre in Cassazione evidenziando prima di tutto come dalla perizia del collegio peritale è emerso in realtà che "Una terapia antiedemigena, anche aggressiva, non avrebbe modificato, nella sostanza, il decorso clinico della paziente; Si ritiene altamente improbabile che se anche l'intervento … fosse stato eseguito immediatamente presso l'ospedale civico la paziente non si sarebbe salvata".

Errato quindi l'addebito dell'omesso intervento di derivazione ventricolare, che avrebbe cagionato la morte la paziente. Tanto più che dalla sentenza emerge che le probabilità di insuccesso dell'intervento avevano una percentuale dell'80/90%. Non si comprende pertanto come i giudici possano aver affermato che l'intervento andasse comunque eseguito.

Il medico rileva anche come la sentenza abbia ampliato ingiustamente l'omesso trattamento farmacologico, considerato che i periti hanno convenuto sulla inutilità di qualsiasi farmaco nel trattare le condizioni drammatiche in cui versava la paziente.

Infine è stato accertato che la scelta del medico di differire l'intervento non ha determinato alcun aggravamento delle condizioni della paziente. Il quadro fornito dalla Tac alle ore 10.36 è rimasto immutato fino alle ore 19.07, quando la paziente è stata sottoposta a risonanza magnetica.

Non si può condannare il medico per il ritardo

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 12353/2020 annulla senza rinvio la decisione impugnata perché il reato è prescritto, ma lo accoglie agli effetti civili, stante la fondatezza dei rilievi sul nesso eziologico, rinviando al giudice competente per valore in grado di appello.

Prima di tutto la Corte evidenzia l'importanza di ricostruire nei termini esatti tutta la vicenda, in ogni anello determinante della sequenza eziologica per appurare se "ipotizzando come realizzata la condotta dovuta dall'agente, l'evento lesivo sarebbe stato o meno evitato o posticipato. In tema di responsabilità medica è dunque indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, in quanto solo in tal modo è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l'evento lesivo sarebbe stato evitato o differito."

Quando un medico è ritenuto responsabile di omicidio colposo o lesioni gravi inoltre il giudice deve compiere un ragionamento controfattuale in ordine alla specifica attività richiesta per verificare se, con un alto grado di credibilità razionale, se si fosse realizzata l'evento lesivo sarebbe stato scongiurato o ritardato.

Occorre inoltre chiarire che la stessa Cassazione ha precisato nella SU n. 38343/2014 che: "nel reato omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica" che deve fondarsi su un ragionamento deduttivo logico fondato su generalizzazioni scientifiche, ma anche sull'analisi del fatto storico in base a un giudizio induttivo.

Evidente che la Corte d'Appello non ha fatto buon governo di detti principi. Essa ha infatti applicato erroneamente la teoria della perdita di chance, risalente al 2000, in base alla quale "nella verifica del nesso di causalità tra la condotta del sanitario e la lesione del bene della vita del paziente occorreva privilegiare un criterio meramente probabilistico sulle possibilità di successo del comportamento alternativo."

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