La violenza sulle donne è troppo spesso oggetto dell'attenzione dei giudici. Ecco una carrellata di alcune sentenze significative o eclatanti

di Valeria Zeppilli - La violenza sulle donne è un fenomeno che, purtroppo, è ancora oggi troppo diffuso e che, pertanto, finisce spesso nelle aule di tribunale.

Facciamo quindi una carrellata di alcune sentenze significative che si sono confrontate con la questione, precisando preliminarmente cosa si intende per violenza sulle donne.

Cos'è la violenza sulle donne

[Torna su]

Una definizione esaustiva di violenza sulle donne è data dalla Convenzione di Istanbul, resa esecutiva in Italia con la legge numero 77/2013.

Nell'articolo 3 di tale Convenzione si legge infatti che "con l'espressione 'violenza nei confronti delle donne' si intende designare si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata".

Delitti commessi con violenza alla persona

[Torna su]

Venendo alle pronunce giurisprudenziali più recenti e significative in materia di violenza sulle donne, possiamo innanzitutto citare la sentenza della Corte di cassazione numero 43103/2017, che ha confermato che la nozione di "delitti commessi con violenza alla persona", utilizzata dal codice di procedura penale agli articoli 299, comma 2-bis, e 408, comma 3-bis, c.p.p., va collegata "non all'astratta previsione normativa, ma al concreto dispiegarsi di atti di violenza (fisica, morale o psicologica) in danno della persona offesa, ricomprendendovi anche (e non solo) i delitti contraddistinti da atti qualificabili come espressione di una "violenza di genere"".

Violenza sulle donne: le attenuanti criticate

[Torna su]

Tra le pronunce che hanno fatto più scalpore, si segnala invece una sentenza della Corte d'appello di Bologna di marzo 2019 che ha ridotto la pena per un uomo che aveva strangolato una donna con la quale aveva iniziato da poco una relazione, abbassandola da 30 anni a 16 anni di reclusione.

A destare clamore è stata la scelta dei giudici di giustificare la riduzione, tra le altre cose, in ragione della "tempesta emotiva" che avrebbe annebbiato la mente del colpevole di tale gesto.

Sempre a marzo 2019, ma questa volta a firma del giudice di Genova, si è avuta una riduzione di pena per un uomo che aveva ucciso la moglie a coltellate, tenendo conto dello stato d'animo "molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile".

Violenza sulle donne: no se la vittima è brutta

[Torna su]

Da segnalare infine, ancora una volta per lo scalpore suscitato, è la sentenza con la quale la Corte d'appello di Ancona ha assolto due uomini accusati di violenza sessuale in danno di una donna, rilevando, tra le altre cose, che all'imputato principale "la ragazza neppure piaceva, tanto da averne registrato il numero di cellulare sul proprio telefonino con il nominativo 'Vikingo' con allusione a una personalità tutt'altro che femminile quanto piuttosto mascolina".

Su tale pronuncia è comunque intervenuta la Corte di cassazione, annullandola e imponendo ai giudici marchigiani un nuovo esame che eviti di dare rilevanza a fatti "irrilevanti in quanto eccentrici rispetto al dato di comune esperienza"

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: