Per gli Ermellini è sufficiente uno schiaffo per configurare il reato di percosse. L'ingiuria reale, invece, si ha solo in caso di violenza simbolica e di inavvertita entità

di Lucia Izzo - Anche uno schiaffo è idoneo a configurare il reato di percosse, salvo che il gesto non provochi una malattia ricadendosi, in tal caso, nel reato di lesioni. Il termine "percuotere" di cui all'art. 581 c.p., infatti, è assunto nel suo significato più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica.


Percossa o ingiuria reale

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La percossa è "declassabile" a ingiuria reale soltanto se il gesto è espressione di una violenza simbolica, costituita da leggero contatto fisico, e diretto, in modo palese, a manifestare disprezzo, senza una sia pur minima sofferenza fisica e con l'esclusivo proposito di arrecare offesa morale.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, quinta sezione penale, nella sentenza n. 27737/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso di un uomo condannato per il reato di percosse nei confronti di una donna.

La vicenda

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In Cassazione, l'imputato deduce l'insussistenza del reato sia dal punto di vista della condotta, mancando la prova che si sia prodotta sofferenza fisica alla persona offesa, sia sotto il profilo del dolo generico, poiché egli non intendeva colpirla, ma si è reso autore di una reazione inconsulta all'azione della donna che tentava di strappargli di mani un foglio durante l'alterco alla radice del reato.


Al più, ritiene si configuri un'ipotesi di "ingiuria reale", in presenza di un semplice contatto fisico e manifesto disprezzo e sofferenza morale.

Percosse in caso di ogni manomissione violenta dell'altrui persona

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Il ricorso viene giudicato inammissibile dagli Ermellini che ritengono, invece, corretta la giurisprudenza menzionata dal giudice d'appello sulla configurabilità del reato di percosse in presenza di una qualsiasi manomissione della persona.


Si è più volte affermato, spiega la Cassazione, che il termine "percuotere" previsto dall'art. 581 c.p.p. non è assunto nel suo significato letterale di battere, colpire, picchiare, ma in quello più lato, comprensivo di ogni violenta manomissione dell'altrui persona fisica (cfr. ex multis Cass., n. 4272 /2015).


Non si è dunque in presenza di una c.d. ingiuria reale che, invece, si configura solo quando le percosse non manifestino una violenza di entità inavvertibile e simbolica, indice dell'esclusivo proposito di arrecare sofferenza morale o disprezzo.

Percosse: sufficiente uno schiaffo a integrare il reato

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Il Collegio, inoltre, ritiene di condividere le conclusioni a cui si è giunti in vicenda analoga a quella oggetto di giudizio secondo cui, "ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 581 c.p., nella nozione di percosse rientrano anche gli schiaffi, in quanto intrinsecamente caratterizzati da energia fisica esercitata con violenza e direttamente sulla persona, purchè non siano produttivi di malattia (ricadendosi in tal caso nel reato di lesioni) o non manifestino una violenza di entità inavvertibile e simbolica, indice dell'esclusivo proposito di arrecare sofferenza morale o disprezzo (in tale ipotesi configurandosi il reato di ingiuria c.d. reale)" (cfr. Cass. n. 43316/2014).


La percossa, in special modo lo schiaffo, per poter presentare il carattere dell'ingiuria, deve essere espressione di una violenza simbolica, costituita da leggero contatto fisico, e diretta, in modo palese, a manifestare disprezzo, evitando una sia pur minima sofferenza fisica (cfr. Cass., n. 12674/2010) e manifestando l'esclusivo proposito di arrecare offesa morale.


Nel caso di specie, la contestazione parla di uno schiaffo assestato dal ricorrente sulla guancia sinistra e i giudici di merito hanno ben chiarito i margini concreti di manifestazione violenta della condotta ascritta all'imputato, senza che possa rientrarsi, dunque, in alcun modo in una ipotesi di ingiuria reale.


Appaiono inconferenti le giustificazioni addotte dall'imputato, in particolare quella secondo cui non vi sarebbe prova di sofferenza fisica della persona offesa.


Infatti, ribadisce il Collegio, ai fini della configurabilità del reato di percosse, è sufficiente, trattandosi di reato di mera condotta, l'idoneità della condotta di violenta manomissione dell'altrui persona fisica a produrre un'apprezzabile sensazione dolorifica, non essendo, invece, necessario che tale sensazione di dolore si verifichi, fermo il "discrimen" rispetto al reato di lesione personale, configurabile quando il soggetto attivo cagioni una lesione dalla quale derivi una malattia nel corpo o nella mente (cfr. Cass., n. 38392/2017).

Scarica pdf Cass., V pen., sent. 27737/2019

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