La Cassazione, in una vicenda ante riforma 2014, rammenta che alle contribuzioni dovute dalle casse privatizzate dei liberi professionisti si applica la disciplina della prescrizione quinquennale

di Lucia Izzo - Il credito vantato da Cassa Forense è soggetto a prescrizione quinquennale che decorre dall'atto interruttivo, anche qualora il legale non abbia mai comunicato i redditi. L'omissione dell'avvocato, infatti, è superata dalla richiesta avanzata dall'ente di previdenza in relazione ai contributi non versati.


Lo ha affermato la sezione lavoro della Corte di Cassazione nella sentenza n. 13639/2019 (qui sotto allegata) che ha respinto il ricorso della Cassa di previdenza forense nei confronti di un avvocato.


Il caso

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Il Tribunale aveva accolto l'opposizione dell'avvocato avverso la cartella esattoriale con la quale gli era stato intimato il pagamento di una somma a titolo di contributi, sanzioni e interessi dovuti fino alla data della sua cancellazione dall'albo, dopo che vi era stato iscritto d'ufficio, ritenendo che fosse intervenuta la prescrizione della pretesa creditoria azionata dall'ente.

La Corte d'Appello confermava la decisione di prime cure ritenendo che, tra la data dell'atto interruttivo della prescrizione e la lettera inviatagli dopo l'iscrizione d'ufficio (rilevato il superamento dei limiti fissati per l'iscrizione) era intercorso un periodo superiore ai cinque anni, per cui il credito in esame si era prescritto.

Si tratta di una vicenda che si innesta nel solco della disciplina ante-riforma dell'art. 21 della Legge n. 247/2012: dal 2014, infatti, è previsto che l'iscrizione agli Albi forensi comporti la contestuale iscrizione alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, mentre in precedenza l'iscrizione era obbligatoria al raggiungimento e/o al superamento di uno dei limiti reddituali fissati dal Comitato dei Delegati.


La vertenza, che si colloca nel periodo antecedente, giunge in Cassazione ove Cassa Forense sostiene che non essendo mai stata eseguita dall'avvocato alcuna comunicazione dei redditi professionali, non poteva decorrere il termine di prescrizione decennale ai sensi dell'art. 19 della legge n. 576/80, per cui il credito contributivo persisteva.

Prescrizione quinquennale alle contribuzione dovute alle casse privatizzate

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Gli Ermellini rammentano che, secondo la giurisprudenza di legittimità, alle contribuzioni dovute alle casse di previdenza privatizzate dei liberi professionisti si applica la nuova disciplina della prescrizione quinquennale di cui alla legge n. 335 del 1995, art. 3.

Accertato, quindi, che la durata della prescrizione è quella generale quinquennale, la Corte evidenzia che il primo atto interruttivo risale nella fattispecie al 1999, allorquando fu richiesto formalmente dalla Cassa Forense il pagamento dei contributi omessi in relazione all'annualità del 1989.

Va, poi, considerato che la cancellazione dall'albo avvenne il 23/6/2000 e che solo la comunicazione dei dati reddituali di cui agli artt. 17 e 23 della legge n. 576/1980 poteva far decorrere la prescrizione, così come previsto dal secondo comma dell'art. 19 della stessa legge.

Omessa comunicazione superata dalla lettera interruttiva

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Senonchè, l'omessa comunicazione dei dati reddituali poteva ritenersi superata dal dato cognitivo rappresentato dalla lettera interruttiva del 6/9/1999, inviata dalla stessa Cassa (per comunicare i dati reddituali relativi al 1989 qualificati come professionali), nonchè dalla cancellazione successiva del 23/6/2000, che non poteva non essere conosciuta dall'odierna ricorrente che aveva provveduto a deliberarla.

Pertanto, si ritiene corretta la decisione impugnata che ravvisa la maturazione della prescrizione quinquennale con riferimento all'ultima lettera del 7/5/2008, nella quale si faceva riferimento alla circostanza dell'esame della posizione reddituale dell'appellato e dei dati conosciuti alla Cassa dai quali era emerso il superamento dei limiti fissati dal Comitato dei Delegati per l'obbligatorietà dell'iscrizione alla Cassa Forense.

Tuttavia, la lettera del 7 maggio era tardiva rispetto all'ultimo atto interruttivo utile risalente al 6/9/1999, col quale si faceva riferimento alla verifica effettuata con l'Anagrafe Tributaria, con conseguente maturazione della prescrizione quinquennale del preteso credito contributivo vantato in relazione al periodo 1992 - 2000. Pertanto, il ricorso va rigettato.

Scarica pdf Cass., sezione lavoro, sent. n. 13639/2019

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