La Cassazione torna a parlare di PAS e dà indicazioni ai giudici. Nel momento in cui una diagnosi non è supportata dalla scienza medica, il giudice è tenuto ad approfondire per appurarne l'attendibilità

di Annamaria Villafrate - La Cassazione torna a parlare di PAS nella sentenza n. 13274/2019 (sotto allegata) precisando che, il giudice, nel momento in cui deve la consulenza tecnica concluda per una diagnosi che non è supportata dalla scienza medica ufficiale, è tenuto ad approfondire per verificarne il fondamento. Non si può inoltre concludere per l'affidamento esclusivo del minore al padre basandosi solo su un giudizio non debitamente motivato d'inadeguatezza della madre, in un contesto di tale conflittualità. Così come non si può trascurare di rinnovare l'ascolto del minore a distanza di quasi due anni dalla prima audizione in un procedimento in cui devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.

La vicenda processuale

La Corte d'appello conferma la sentenza di primo grado con cui è stata disposta la separazione dei coniugi, respinta la domanda di addebito al marito e ordinato l'affidamento esclusivo del figlio al padre all'esito di due perizie, con collocamento del minore presso una comunità. Il giudice di secondo grado ritiene che la madre sia "un soggetto anelastico, scarsamente propensa a mettersi in discussione … caratterizzato da un atteggiamento preconcetto, …. restia a porsi in una prospettiva critica, di analisi e di ricerca, non interessata ad individuare le ragioni del comportamento anomalo di …… con il padre." La Corte d'appello concorda pertanto con i risultati delle perizie che hanno condotto a una diagnosi di alienazione parentale

. La madre avrebbe infatti messo in atto un piano di esclusione del padre biologico, per sostituirlo con il nonno materno. Progetto che, secondo il giudice di secondo grado deve essere interrotto attraverso l'affidamento esclusivo del minore al padre con il supporto della struttura residenziale dedicata al sostegno e alla cura dei minori.

La madre soccombente ricorre in Cassazione, lamentando tra i vari motivi:

  • come la corte si sia limitata a disporre l'affidamento esclusivo al padre basandosi sulla sola inidoneità dell'altro genitore;
  • la "mancata verifica dell'attendibilità scientifica della teoria posta a base della diagnosi di sindrome di alienazione parentale (o PAS) e soprattutto della valutazione espressa in ordine alla qualificazione della madre come "genitore alienante";
  • la violazione delle linee guida in tema di ascolto del minore.

In assenza di certezze scientifiche il giudice deve verificare il fondamento della PAS

La Cassazione con sentenza n. 13274/2019 accoglie alcuni motivi del ricorso avanzato dalla madre, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d'Appello in diversa composizione per statuire, anche sulle spese. Gli Ermellini, concordemente a quanto sostenuto nel ricorso della madre ritengono che "A prescindere dalle obiezioni sollevate dalle parti, qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale, come avviene nell'ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della PAS, non essendovi certezze nell'ambito scientifico al riguardo - il Giudice del merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche oppure avvalendosi di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento."

Da accogliere anche la doglianza relativa al motivo per il quale il giudice d'appello ha disposto l'affidamento esclusivo al padre, poiché basato esclusivamente sulla condotta della madre, la quale in realtà, come emerso dalle risultanze probatorie, non è stata sufficientemente supportata dai consulenti tecnici nominati nel giudizio di primo grado che si sono mostrati rigidi e severi con la stessa, trascurando la sua condizione psicologica.

Fondata infine la contestazione relativa all'ascolto del minore, che in sede d'Appello non è stata disposto perché ritenuto superfluo. La Corte Suprema ritiene infatti che "il tempo trascorso dall'audizione del minore e la stessa violazione del principio di bigenitorialità dedotta, che non può comportare la soppressione "ad ogni costo" della volontà del minore ultradodicenne , imponevano il rinnovo del suo ascolto, sia pure con il supporto di esperti del ramo. Proprio perché si trattava di minore di tredici anni (attualmente quindici), capace di discernimento anche se affetto da una situazione personale di disagio e sofferenza, era necessario procedere al suo ascolto, anche considerato che l'ultima relazione aggiornata risaliva al 2015-2016."

Leggi anche L'alienazione parentale

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