Il timore di rivendica dell'immobile ovvero della sua soggezione a revocatoria fallimentare non consente all'acquirente l'esercizio delle facoltà dell'articolo 1481 c.c.

Avv. Samantha Castano - Con la sentenza n. 8571 del giorno 27 marzo 2019, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a interrogarsi circa la possibilità per il promissario acquirente, parte di un contratto preliminare di compravendita, di avvalersi dei rimedi previsti dall'articolo 1481 del Codice Civile, nel caso in cui l'immobile oggetto del regolamento contrattuale possa costituire in futuro oggetto di rivendica da parte di un soggetto terzo.

L'orientamento giurisprudenziale

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La Suprema Corte, sulla scia di un orientamento giurisprudenziale pressoché costante, ha ribadito che, affinché il promissario acquirente possa esercitare le facoltà di sospendere il pagamento del prezzo della res ovvero possa validamente richiedere all'alienante il rilascio di una garanzia ad hoc, il pericolo di evizione deve essere effettivo e non meramente presuntivo.

Il compratore, pertanto, potrà sottrarsi dall'obbligo di concludere il contratto di vendita definitivo, solo nel caso in cui sussista un pericolo attuale e concreto, che il terzo voglia far valere i propri diritti sull'immobile e tale volontà deve risultare concretamente da elementi oggettivi.

Sin dagli anni '90, la Cassazione con diverse pronunce ha calato nella realtà l'indicato principio e ciò specialmente con riferimento a due fattispecie ben precise.

L'immobile può costituire oggetto di azione da parte dell'erede pretermesso dal dante causa

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La provenienza di un immobile da una donazione

non è condizione sufficiente affinché il promissario acquirente possa avvalersi dei rimedi fissati nell'articolo 1481 del Codice Civile, qualora l'esperimento di una futura azione di lesione di legittima da parte dell'erede pretermesso sia solo potenziale (Cassazione Civile, Sezione II, sentenza n. 8571 del giorno 27 marzo 2019, conforme a quanto già stabilito dalla medesima sezione con la sentenza n. 2541 del giorno 17 marzo 1994).

L'immobile può costituire oggetto di azione revocatoria fallimentare a seguito del fallimento dell'alienante

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Anche l'ipotesi del fallimento del dante causa, in assenza dell'atto di citazione notificato dalla Curatela Fallimentare, non può costituire il presupposto legittimante l'esercizio delle facoltà previste dall'articolo 1481 del Codice Civile da parte di colui che compra, in quanto non è ravvisabile alcun pericolo concreto ed attuale alla stabilità dell'acquisto (Cassazione Civile, Sezione II, sentenza n. 3390 del giorno 22 febbraio 2016 e Cassazione Civile, Sezione II, sentenza n. 24340 del giorno 18 novembre 2011).

Avv. Samantha Castano

avv_samantha.castano@libero.it

Busto Arsizio (VA)

Corso XX Settembre n. 19


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