Italia senza infrastrutture giuridiche per la blockchain. Manca la cosiddetta attribuzione del valore legale alla notarizzazione dei dati sul registro in condivisione, caricati con data certa e cosicchè possano essere non replicabili e non modificabili

di Gabriella Lax - Il nostro Paese non tiene il passo coi tempi a proposito di blockchain (ossia la "catena di blocchi"). Si tratta, in sintesi di una struttura dati condivisa e immutabile, definita come un registro digitale digitale le cui voci sono raggruppate in "pagine" (dette blocchi), concatenate in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall'uso di primitive crittografiche. Manca in Italia una infrastruttura giuridica in grado di sostenere il blockchain.

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Blockchain, Italia indietro nella disciplina

Secondo Italia Oggi, mancherebbe, nello specifico, la cosiddetta attribuzione del valore legale alla notarizzazione dei dati sul registro in condivisione, caricati con data certa e cosicchè possano essere non replicabili e non modificabili. Non servono allo scopo gli «smart contract» ossia le clausole contrattuali auto-applicative - condivise tra le parti e immodificabili - stipulate tra operatori su blockchain, senza l'asseverazione di un notaio. Inoltre, sempre in Italia, non vige una legislazione che possa supportare la costituzione di un fondo di investimento regolato in criptovalute e in prodotti finanziari su blockchain (il primo fondo europeo regolato, ideato da Consulcesi, è stato costituito con licenza dell'Autorità di sicurezza finanziaria di Malta). In ultimo, non esiste attualmente una legislazione finanziaria che possa regolare le Initial coin offering (meglio conosciute come Ico), ossia la creazione di token, come le criptovalute, da cedere dietro corrispettivo, a soggetti finanziatori.


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