La Cassazione rammenta come la Corte Costituzionale abbia bocciato unicamente le sanzioni civili con funzione risarcitoria connesse all'omesso versamento dei contributi

di Lucia Izzo - La Corte Costituzionale nella sentenza n. 254/2014 non ha dichiarato illegittima a cd. maxi-sanzione sul lavoro nero: la Consulta, infatti, si è limitata a dichiarare incostituzionali le sole sanzioni civili con funzione risarcitoria connesse all'omesso versamento contributivo, senza toccare le sanzioni amministrative.


Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, sezione lavoro, nella sentenza n. 26489/2018 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso della Direzione territoriale del Lavoro.

Il caso

In sede d'appello, la Corte territoriale aveva, tra l'altro, dichiarato non dovuta la maxi sanzione prevista per il c.d. lavoro nero che la Direzione territoriale del lavoro, a seguito di accertamenti ispettivi, aveva comminato alla società.


Secondo il giudice a quo, a seguito della sentenza n. 254/2014 della Corte Costituzionale, la maxi sanzione connessa al c.d. lavoro nero, ovvero per impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, sarebbe dovuta essere considerata illegittima e, di conseguenza, l'ordinanza-ingiunzione che la contemplava sarebbe stata affetta da nullità assoluta sopravvenuta.


In Cassazione, la Direzione Territoriale del Ministero, contesta tale conclusione in quanto i giudici d'appello non avrebbero considerato che l'art. 36-bis, comma 7, lett. a), della legge n. 223/2006, nel modificare il precedente art. 3 del D.L. n. 12/2002, ha introdotto una duplice previsione.


Al primo periodo della disposizione, infatti, è contemplata la cosiddetta maxi-sanzione amministrativa connessa al c.d. lavoro nero concernente l'impiego di lavoratori non registrati, mentre al secondo periodo della disposizione sono previste le le sanzioni civili volte a compensare, in forma risarcitoria, il mancato versamento dei dovuti contributi e premi.


La menzioanta declaratoria di incostituzionalità, sottolinea la ricorrente, ha riguardato unicamente l'ipotesi prevista delle sanzioni civili, senza andare ad incidere in alcun modo sulla "maxi-sanzione" amministrativa contemplata dalla citata disposizione normativa.

Lavoro nero: maxi sanzione ancora legittima dopo la sentenza n. 254/2014

Gli Ermellini ritengono che il ricorso sia fondato: infatti, dalla sentenza n. 254/2014 della Consulta risulta che è costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 36- bis, comma 7, lett. a), del d.l. 223/2006 nella parte in cui stabilisce che l'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.


La Consulta ha ritenuto tale sanzione arbitraria e irragionevole perché, pur avendo funzione risarcitoria, è stabilita con un criterio privo di riferimento all'entità del danno, dipendente dalla durata del periodo in cui i rapporti di lavoro in questione si sono protratti.


Appare evidente, invece, che la dichiarazione di illegittimità è rimasta circoscritta all'ipotesi delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, ma non ha interessato la prima parte della disposizione normativa riflettente la diversa ipotesi dell'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore.


Alla Corte territoriale è sfuggita la distinzione che opera il menzionato art. 36-bis tra le sanzioni civili, aventi funzione risarcitoria connessa all'omesso versamento contributivo, e le sanzioni amministrative (applicate nella fattispecie) già previste dalla normativa in vigore, la cui disciplina non è stata interessata, differentemente dalle prime, dalla citata sentenza dei giudici delle leggi.


Il ricorso va dunque accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio.

Cass., sezione lavoro, sent. 26489/2018

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