Cos'è, come funziona e le ultime novità sul redditometro, lo strumento di accertamento induttivo del fisco in standby dopo il decreto dignità

di Lucia Izzo - A seguito dell'entrata in vigore del decreto dignità (leggi: Decreto dignità: il testo e i contenuti) si è tornato a parlare di redditometro, ovvero di uno degli strumenti di accertamento sintetico che il Fisco ha utilizzato allo scopo di combattere l'evasione fiscale.

Utilizzando una serie di coefficienti, l'Agenzia delle Entrate è in grado di quantificare induttivamente e controllare i redditi dei contribuenti persone fisiche, quindi anche partite IVA, lavoratori dipendenti e pensionati.

Ciononostante, il redditometro è stato ridisegnato dalla riforma del nuovo Governo, ma già da tempo la sua utilità era stata messa in discussione. Negli ultimi anni, infatti, si è rilevato come gli accertamenti da redditometro fossero assai diminuiti.


Ecco, dunque, un'utile e completa guida allo strumento di accertamento fiscale:

Redditometro: che cos'è

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Il redditometro, presente già dal 1973, è stato potenziato dal c.d. Decreto Anticrisi (D.L. 78 del 2010), in vigore nel 2011, che ha specificato come, ai fini della determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche, si presume che quanto viene speso nel periodo d'imposta sia stato finanziato con redditi posseduti nel periodo medesimo. A tale presunzione si affianca, con pari efficacia, quella basata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva.


Resta ferma la possibilità per il contribuente di provare che le spese sono state finanziate con altri mezzi, ivi compresi i redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Redditometro: come funziona

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L'Agenzia delle Entrate ha provveduto a illustrare il funzionamento del redditometro nella circolare n. 24/E del 2013: il nuovo strumento accertativo, in sostanza, consente al Fisco di utilizzare una serie di dati e informazioni a sua disposizione per analizzare e controllare i redditi dichiarati dal contribuente e le spese sostenute.

Il nuovo redditometro non guarda più al solo possesso di beni o investimenti in quanto tali, ma tende a misurare la spesa complessiva ed effettiva del contribuente, in relazione al dichiarato e utilizza differenti elementi, considerando anche la composizione del nucleo familiare e la zona geografica di provenienza.

L'algoritmo dell'Agenzia delle Entrate

In altre parole, l'algoritmo dell'Agenzia delle Entrate calcola il volume di spesa del soggetto nel corso dell'anno e lo confronta con le entrate da lui dichiarate al fine di scovare un eventuale maggior reddito occulto: la determinazione sintetica da parte del Fisco è consenta solo quando lo scostamento tra il reddito complessivo determinato presuntivamente e quello dichiarato sia pari ad almeno il 20%.


Ove dal confronto risulti l'acquisto di beni che superino di tale percentuale le sue possibilità, scatta un procedimento atto a verificare come il contribuente riesca a mantenere un tenore di vita superiore alle sue possibilità. A questi è comunque garantita la possibilità di fornire eventuali elementi di prova per giustificare lo scostamento tra il reddito dichiarato e la capacità di spesa a lui attribuita, sia prima che dopo l'avvio del procedimento di accertamento con adesione.

Le spese controllate dal redditometro

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Le spese che l'Agenzia delle Entrate controlla con il redditometro sono quelle di cui ha contezza e possono essere riassunte in una serie di macrocategorie ovvero:

- Consumi generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature

- Abitazione

- Combustibili ed energia

- Mobili, elettrodomestici e servizi per la casa

- Sanità

- Trasporti

- Comunicazioni

- Istruzione

- Tempo libero, cultura e giochi

- Altri beni e servizi

- Investimenti

Spese certe e per elementi certi

Si distingue, inoltre, tra:

- "spese certe", ovvero quelle per le quali il contribuente può dimostrare con prove certe e dirette l'errata imputazione delle stesse o l'inesattezza delle informazioni in possesso dell'Amministrazione;

- "spese per elementi certi", per le quali potrà dare evidenza di fatti, situazioni e circostanze, supportate anche indirettamente da documentazione da cui si possa riscontrare l'inesattezza relativa alla ricostruzione della spesa, o la diversa imputazione della stessa), le spese per investimenti sostenute nell'anno, nonché le informazioni relative alla quantificazione della quota di risparmio formatasi nell'anno.

Spese determinabili

Vengono, inoltre, evidenziate le spese determinabili induttivamente sulla base di valori medi rilevati dai dati dell'ISTAT per le quali il contribuente potrà utilizzare evidenze ed argomentazioni logiche a sostegno di una sua diversa rappresentazione della situazione di fatto.

Accertamento da redditometro: l'istruttoria

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Se viene riscontrata dal "redditometro" un'anomalia tra il reddito dichiarato e il tenore di vita del contribuente, l'ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l'obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento.

La presunzione di colpevolezza

Infatti, i rilievi dell'Ufficio non sono idonei a fondare di per sé una "presunzione assoluta" di colpevolezza del contribuente, al quale viene fornita la possibilità di difendersi e di dimostrare che le spese sostenute nel periodo d'imposta sono giustificate, in quanto finanziate con:

a) redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta;

b) redditi esenti;

c) redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta;

d) redditi legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

Cosa può fare il contribuente

Ancora questi potrà fornire elementi per la rettifica dei dati e per l'integrazione delle informazioni presenti nell'Anagrafe Tributaria, dimostrare con prove dirette che le "spese certe" attribuite hanno un diverso ammontare o che sono state sostenute da soggetti terzi.

Questi potrà, ad esempio, dimostrare di aver ricevuto donazioni o sostegno economico dai familiare, di aver vinto al gioco, di aver ricevuto dei risarcimento del danno, di aver venduto propri bene per comprarne altri di maggior valore, ecc. Le prove fornite dal contribuente dovranno essere documentali.

Se dal confronto, a seguito del contraddittorio, ne esce vittoriosa l'Agenzia delle Entrate, il contribuente sarà tenuto a pagare le maggiori imposte dovute e le relative sanzioni.

Il destino del redditometro dopo il decreto dignità

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Nonostante molti avessero parlato di un'abolizione, il Decreto Dignità (n. 87/2018) voluto dal ministro del Lavoro Luigi di Maio, ha solo messo in standby il redditometro allo scopo di riformare lo strumento di controllo del Fisco garantendogli maggior incisività ed efficienza alla luce dell'evoluzione economica.


Ad essere abolito da parte del decreto dignità è il D.M. 16 settembre 2015 che si era preoccupato di regolare il redditometro in vigore prima delle odierne modifiche. In effetti, non viene davvero abrogato il redditometro, ma in qualche modo sono sospese le previsioni per il 2016 e gli anni successivi, in attesa di un nuovo decreto del ministero dell'Economia.

I contribuenti già bersaglio del redditometro negli anni precedenti (fino al 2015) e trovati con un tenore di vita non rispendente al reddito dichiarato, restano sottoposti alla necessità di "giustificare" le spese extra sostenute. In realtà era già da diversi anni che l'Amministrazione finanziaria aveva messo da parte il redditometro, dunque il provvedimento del Governo Conte non fa altro che allineare questa realtà anche in via normativa.

In data 11 giugno 2021, il Ministero delle Finanze ha aperto la consultazione pubblica sul decreto che individuerà il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva sulla base del quale, ai sensi del quinto comma dell'articolo 38, del d.P.R. 600/1973, può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche. Infatti, il Ministero è tenuto, prima della pubblicazione, a sentire preventivamente l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori, a cui si rivolge proprio tale consultazione pubblica che rimarrà aperta fino al 15 luglio 2021.


Foto: 123rf.com
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