La Cassazione conferma il sequestro del cane in precarie condizioni di salute che la proprietaria, indagata per maltrattamenti, aveva lasciato da solo per 15 giorni per andarsene in vacanza

di Lucia Izzo - Via libera al sequestro preventivo del cane maltrattato e lasciato solo per 15 giorni dal proprietario nel periodo estivo. A nulla rileva la circostanza che l'animale avesse ciotole con acqua e cibo a disposizioni, poiché ciò non corrisponde a prendersi cura degli amici a quattro zampe. Le condizioni precarie di salute del cane sono idonee a far indagare la proprietaria per il reato ex art. 544-ter del codice penale.


Lo ha deciso la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 29894/2018 (qui sotto allegata) lanciando così un severo monito nei confronti dei proprietari che, con l'arrivo dell'estate e delle vacanze, frequentemente abbandonano o lasciano soli e nella più totale incuria i propri amici animali.


Il Tribunale, in sede di riesame, aveva rigettato l'istanza di una donna avverso il decreto di sequestro preventivo del suo cane, emessa dal G.I.P. relativamente al reato di cui all'art. 544-ter c.p. (Maltrattamento di animali), avvalorando così la tesi dell'abbandono del cane per due settimane, durante il periodo estivo.


In Cassazione, la padrone ritiene mancanti i presupposti oggettivi e quelli soggettivi (avere agito con crudeltà, senza necessità) del reato contestato. Ancora, sottolinea che non vi fosse stato alcun abbandono dell'animale, come dimostrato dalla presenza di ciotole con acqua e cibo, circostanza che provava la quotidiana cura dell'animale.


Inoltre, soggiunge la ricorrente, il certificato del veterinario al momento del sequestro aveva evidenziato una massa corporea in sovrappeso, nonostante il cane fosse ammalato di leishmaniosi e le condizioni di salute precarie sarebbero state, quindi, riferibili a tale malattia e non alla mancata cura della proprietaria, che lo aveva adottato dal canile.

Sì al sequestro del cane malato lasciato solo durante il periodo estivo

Tuttavia, si tratta di doglianze che non accolgono gli Ermellini rammentando come, sia per il sequestro preventivo sia per quello probatorio, il ricorso in Cassazione sia possibile unicamente per motivi di violazione di legge e non per vizio di motivazione, come quello avanzato dalla ricorrente.


Nel caso in giudizio non ricorre una violazione di legge, e nemmeno l'apparenza della motivazione: infatti, il giudice ha motivato adeguatamente e in maniera non contraddittoria o manifestamente illogica come all'esito di diversi sopralluoghi svolti dalla P.G. presso l'abitazione dell'indagata, sempre assente, veniva ritrovato nel cortile l'animale, affetto da leishmaniosi e in precarie condizioni di salute (es. emorraggia dal naso, unghie delle zampe incrinate, onicogrifosi e linfoadenioregalia) accertate dal servizio veterinario locale.

I vicini dell'indagata riferivano che la stessa (unitamente alla propria famiglia e ad altro cane) si era allontanata dall'abitazione nelle due settimane precedenti lasciando l'animale incustodito all'interno del cortile e che i passanti, impietositi dalle precarie condizioni di salute dell'animale, avevano provveduto allo stesso fornendogli cibo e acqua attraverso le grate del cancello.

Nel caso in esame, conclude la Corte, l'analisi del Tribunale del riesame nella valutazione del "fumus commissi delicti", quale presupposto del sequestro preventivo, risulta adeguata alle risultanze degli accertamenti di P.G., mentre sul punto le prospettazioni della ricorrente risultano generiche e non collegate a precisi atti di indagine, valutazioni ipotetiche, non valutabili in sede di giudizio di legittimità.

Cass., III pen., sent. n. 29894/2018

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