Per la Cassazione, l'uso del mestolo di legno può costituire arma impropria e integrare l'aggravante ex art. 585 c.p.

di Marina Crisafi - Anche il mestolo di legno è un'arma. Quello che un tempo era un "metodo educativo" usato dalle mamme che rincorrevano i figli per tutta la cucina impugnando il famoso cucchiaio, oggi assurge ad "arma impropria" idonea ad integrare l'aggravante ex art. 585 del codice penale. A consacrarlo la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21316/2018 (di ieri sotto allegata), a chiusura di un processo riguardante la rapina compiuta ai danni di una donna. All'uomo, condannato in appello per il reato ex art. 628 comma 1, 3 e 3 bis c.p., per essersi impossessato del denaro e del cellulare della donna con violenza, veniva contestata anche l'aggravante per avere colpito la vittima con un mestolo di legno di 30 centimetri e la pena veniva rideterminata in 2 anni e 3 mesi di reclusione e 950 euro di multa per la depenalizzazione del reato di ingiuria.

L'uomo ricorreva per cassazione contestando la ricorrenza dell'aggravante ex art. 585 c.p., giacchè, a suo dire, il mestolo da cucina non rientrava tra le armi improprie, individuate sulla base di due requisiti: "1) uno di tipo naturalistico costituito dall'attitudine all'offesa; 2) l'altro di carattere normativo caratterizzato dal divieto di porto senza giustificato motivo". Detta attitudine, sostiene il ricorrente "può escludersi quando facendo ricorso alle massime di comune esperienza si accerti che lo strumento sia stato usato per scopi diversi dall'offesa e che la lesione dello stesso eventualmente prodotta possa derivare anche da un colpo inferto a mani nude".

Arma impropria qualsiasi oggetto usato per offendere

Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso è infondato e va disatteso.

La Corte di merito, sostengono, infatti, ha qualificato il mestolo utilizzato come arma impropria sotto il profilo della destinazione funzionale all'offesa. Invero, ricordano, "si devono considerare 'armi improprie' tutti gli strumenti che, nelle particolari circostanze di tempo e di luogo, possono essere utilizzati per l'offesa alla persona; né agli stessi fini rileva che si tratti di un uso momentaneo ed occasionale dello strumento atto ad offendere, poiché per la configurabilità dell'aggravante non si richiede che concorra la contravvenzione di cui all'art. 4 della legge n. 110/75".

Per la giurisprudenza, difatti, prosegue la sentenza, "per arma impropria deve intendersi qualsiasi oggetto anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacchè il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma" (cfr. tra le altre Cass. n. 49517/2013).

Per cui concludono dal Palazzaccio rigettando il ricorso "indifferente, dunque, è il giudizio astratto di intrinseca pericolosità-offensività dell'oggetto, mentre assume rilevanza il concreto utilizzo che dello strumento viene fatto e che ne comporta un mutamento funzionale, attraendolo nell'orbita delle armi improprie".

Cassazione sentenza n. 21316/2018

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