Per la Cassazione la definizione agevolata prevista dal d.l. n. 193/2016 rappresenta un'eccezione all'art. 391, comma 2, c.c.

di Lucia Izzo - Laddove il contribuente rinunci alla causa dopo aver aderito alla rottamazione delle cartelle avrà diritto alla compensazione delle spese processuali che, pertanto, non dovrà sostenere da solo ma dividere con il Fisco.


È questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione, sezione tributaria, nella sentenza n. 10198/2018 (qui sotto allegata).

Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, una s.a.s., destinataria di una cartella di pagamento di maggiori imposte, aveva prima impugnato il provvedimento del Fisco e poi rinunciato al ricorso dopo aver aderito alla definizione agevolata di cui all'art. 6 del d.l. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225/2016.


Adesione che, rammentano i giudici, è idonea a determinare l'estinzione del giudizio, che può conseguire quando la rinuncia sia stata regolarmente notificata alla controparte, pur in assenza di formale accettazione.


In particolare gli Ermellini si soffermano sulla disciplina delle spese di rito in una simile situazione: infatti, la regola generale di cui all'art. 391, comma 2, c.p.c. ("il decreto, l'ordinanza o la sentenza che dichiara l'estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa alle spese") va opportunamente coordinata con la previsione dell'art. 6 del menzionato decreto legge sulla rottamazione delle cartelle.

Definizione agevolata: spese compensate dopo la rinuncia al giudizio

In ipotesi, chiariscono i giudici, non trova applicazione il quarto comma dell'art. 391 c.p.c. ("La condanna non è pronunciata, se alla rinuncia hanno aderito le altre parti personalmente o i loro avvocati autorizzati con mandato speciale"), non avendo l'Agenzia delle entrate o l'Avvocatura dello Stato espressamente accettato la rinuncia al ricorso dei ricorrenti.

Tuttavia, condannare i ricorrenti alle spese si porrebbe "in aperto contrasto con la stessa ratio legis sottesa alla definizione agevolata, laddove si chiede al contribuente, ai fini dell'operatività della stessa, una rinuncia ai giudizi pendenti". È evidente come un aggravio di spese si tradurrebbe, sostanzialmente, in un maggior onere di definizione agevolata rispetto a quanto previsto dalla disposizione.


I giudici della sezione tributaria ritengono, quindi, di concludere affermando un nuovo principio di diritto a norma del quale "in tema di definizione agevolata ex art. 6 del dl n. 193 del 2016, come con modif. nella l. n. 225 del 2016, la rinuncia al giudizio da parte del contribuente ai sensi del comma 2 della menzionata disposizione costituisce un'eccezione alla previsione di cui all'art. 391, secondo comma, cod. proc. civ., e implica la necessaria compensazione delle spese di lite".


Cass., sezione tributaria, sent. 10198/2018

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