Per il Tribunale di Palermo è scorretto iniziare un nuovo giudizio solo per rimediare al rigetto dell'istanza di chiamata in garanzia

di Lucia Izzo - Appare come un abuso dello strumento processuale il comportamento della convenuta in una causa risarcitoria che, ormai decaduta dalla chiamata in garanzia, per rimediare alla preclusione maturata nei suoi riguardi inizia un successivo giudizio evocando le parti da cui intende essere manlevata e chiedendo la successiva riunione dei procedimenti.


Tale modus procedendi, infatti, non solo tende ad eludere le preclusioni introdotte a tutela del diritto di difesa della controparte e del principio di ragionevole durata del processo, ma anche le stesse prerogative difensive dei chiamati in garanzia.


Lo ha evidenziato il Tribunale di Palermo nella sentenza n. 1928/2018 (qui sotto allegata) pronunciata in occasione di una vicenda risarcitoria che vedeva contrapposte diverse società.

La vicenda

La compagnia attrice nel procedimento in esame era stata, in realtà, a sua volta convenuta in un precedente giudizio innanzi allo stesso Tribunale da un privato che aveva subito un sinistro del quale la riteneva responsabile.

L'uomo evidenziava, infatti, di aver perso il controllo del proprio motociclo a causa della presenza di brecciolino misto a terriccio sulla carreggiata, andando a impattare contro una transenna che delimitava il cantiere dei lavori per la posa delle telecomunicazioni.

La compagnia si era costituita in giudizio dichiarandosi estranea ai fatti dichiarati dall'attore poiché i lavori erano stati subappaltati a una seconda società e aggiungeva che, comunque, all'epoca dei fatti era coperta da una polizza per la responsabilità civile stipulata con una compagnia assicurativa.

Circostanze che avevano portato la compagnia a chiedere un differimento della prima udienza affinchè fossero chiamate in causa le suindicate società. Siccome tale istanza, ritenuta tardiva, veniva rigettata dal Tribunale, la compagnia iniziava un nuovo procedimento avente ad oggetto domanda di manleva e di garanzia; chiedeva poi che questo secondo giudizio venisse riunito con quello iniziato dal danneggiato.

Elude il diritto di difesa chi inizia un giudizio per riproporre la chiamata in garanzia

Nella sua decisione, il Tribunale di Palermo si dimostra particolarmente sensibile alle eccezioni sollevate dall'assicurazione convenuta in relazione a questo "escamotage" realizzato dall'attrice: da un lato, si deduce l'inammissibilità dell'avversa azione di garanzia costituente la surrettizia riproposizione della chiamata in garanzia dalla quale l'attrice era irrimediabilmente decaduta, dall'altro si ritiene nulla la citazione introduttiva per indeterminatezza del petitum e della causa petendi, desumibili per relationem solo dagli atti di altro giudizio, a lei ignoti perché a esso estranea.

Nel suo provvedimento, il giudice siciliano conferma la nullità dell'atto di citazione, "irrimediabilmente (ed inevitabilmente) carente della chiara indicazione del petitum, individuato soltanto nelle somme totali o parziali che la stessa attrice sarebbe stata chiamata a pagare al danneggiato dal quale era stata convenuta in separato giudizio".

Ancora, si evidenzia come la compagnia avesse inteso rimediare alla preclusione ormai maturata nei propri riguardi attraverso l'espediente dell'autonoma proposizione delle domande di garanzia e manleva nei riguardi della subappaltrice dei lavori a causa dei quali il sinistro si era verificato e della compagnia assicuratrice per la responsabilità civile e la successiva riunione dei due giudizi.

Un aspetto che, nell'articolata motivazione del provvedimento, appare particolarmente interessante in quanto il Tribunale giudica tale modus procedendi, oltre che evidentemente elusivo delle rigorose preclusioni introdotte a presidio del diritto di difesa della controparte e in funzione della realizzazione del principio costituzionale di ragionevole durata dei procedimenti, vulnera le prerogative difensive dei "chiamati in garanzia".

È ciò si realizza sia nel caso in cui la riunione venga poi disposta, essendo ormai impedito ai "chiamati" (in ragione della perdurante autonomia delle cause riunite) il compimento di attività incompatibili con lo stato del procedimento preventivamente avviato, sia nel caso in cui la riunione non venga disposta, rimanendo la sorte dell'azione di garanzia condizionata dall'esito imprevedibile ed indeterminato di un separato giudizio, al quale i "chiamati" sono estranei.


Queste osservazioni, assieme ad altre persuasive ragioni analizzate nel provvedimento, inducono il Tribunale a dichiarare la nullità dell'atto di citazione e l'inammissibilità delle domande di manleva e garanzia promosse dall'attrice.

Si ringrazia l'Avv. Diego Ferraro per il provvedimento

Trib. Palermo sentenza n. 1928/2018

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