Se mancano volontà elusiva e danno erariale il contribuente deve essere scusato

di Valeria Zeppilli - Il ritardo di un solo giorno nel pagamento di un tributo non è un elemento sufficiente per sanzionare il contribiente. Come stabilito ad esempio dalla CTR Toscana nella sentenza numero 470/9/18 del 8 marzo 2018, infatti, in tal caso manca una volontà elusiva del cittadino e deve parlarsi di pura e semplice occasionalità, senza considerare l'assenza di qualsivoglia danno erariale.

Della questione, in ogni caso, non ci si è occupati solo nella recente pronuncia della giurisprudenza tributaria ma quanto in essa affermato può considerarsi un orientamento ormai consolidato, affermato anche in altre sentenze (come nella pronuncia della CTR Roma numero 3410/16) oltre che dalla stessa Agenzia delle entrate in alcune circolari.

Le circolari dell'Agenzia delle entrate

L'Agenzia delle entrate, in particolare, con la circolare numero 27 del 2 agosto 2013, nel riconoscere l'errore scusabile a fronte di ritardi temporalmente contenuti, ha valorizzato tale istituto in sede di acquiescenza all'avviso di accertamento. Con la circolare numero 9 del 19 marzo 2012, invece, ha ritenuto che gli uffici devono valutare l'opportunità di ritenere valido il pagamento quando il contribuente sia incorso in un lieve ritardo nel versamento (così come nel caso in cui abbia versato per errore delle somme di poco inferiori a quelle dovute sanando poi l'errore anche oltre il termine di legge o abbia commesso altre minime irregolarità).

La legge

La "clemenza" verso il ritardo del contribuente trova fondamento anche in alcune previsioni di legge.

Ad esempio, l'articolo 15-ter del d.p.r. n. 602/1973 stabilisce che in caso di "tardivo versamento della prima rata, non superiore a sette giorni" è esclusa la decadenza dell'eventuale rateazione adottata e della riduzione del 10% delle sanzioni per gli inadempimenti nei pagamenti delle somme dovute a seguito dell'attività di controllo dell'Agenzia delle entrate.

Niente morosità

Di conseguenza, sebbene chi non provveda a pagare le tasse entro i termini perentori stabiliti dalla legge debba in generale considerarsi sin da subito moroso, nella realtà concreta non può prescindersi dal tenere adeguatamente conto del caso di specie e dal valutare le circostanze concrete che hanno determinato il ritardo.

Cassazione più rigida

A tal proposito va infatti detto che, con la sentenza

numero 4960/2017, la Corte di cassazione, giudicando il versamento di un'imposta in data 31 dicembre in luogo del termine del 27 dicembre fissato dalla legge numero 388/2000, ha invece affermato che "in tema di sanzioni tributarie, dovendo la violazione meramente formale non punibile rispondere a due concorrenti requisiti - non arrecare pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e, al contempo, non incidere sulla determinazione della base imponibile dell'imposta e sul versamento del tributo - il ritardo nel versamento del tributo integra una violazione sostanziale e non formale della L. n. 388 del 2000, art. 28, commi 6 e 7, ed è sanzionato dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, in quanto incide sul versamento del tributo ed arreca pregiudizio all'incasso erariale".

Insomma: il ritardo consapevole non è scusato, quello occasionale può invece, in alcuni casi, trovare qualche giustificazione.

Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: