Per la Corte di Giustizia l'avvocato titolare di account sul social non perde la propria qualità di consumatore e non può proporre l'azione quale cessionario dei diritti di altri consumatori

di Lucia Izzo - Nulla di fatto per l'avvocato austriaco Maximilian Schrems: la Corte di Giustizia dell'Unione Europea gli nega la possibilità di intentare una maxi class action per agire in giudizio contro il celebre social network Facebook quale cessionario di diritti di altri consumatori residenti in Austria, India e Germania.

Ancora, il titolare dell'account Facebook non perderà la propria qualità di consumatore laddove pubblichi libri, tenga conferenze, gestisca siti Internet, raccolga donazioni e si faccia cedere i diritti da numerosi consumatori al fine di far valere in giudizio tali diritti.

Lo ha chiarito la terza sezione della Corte UE, nella sentenza (qui sotto allegata nella sua versione provvisoria) resa sulla causa C-498/16 ha chiarito.

La vicenda

Come ricostruito dalla Corte, Schrems, utilizzatore del social per fini privati per diversi anni, ha poi aperto una pagina Facebook

per informare gli utenti di internet della sua azione contro Facebook Ireland, delle sue conferenze, delle partecipazioni a dibattiti e dei suoi interventi nei media, nonché per avviare richieste di donazioni e per fare pubblicità ai suoi libri.


Contro il social, il legale ha presentato 23 denunce dinanzi al garante irlandese per la protezione dei dati e ha svolto diverse attività riguardanti la sua azione legale tra cui pubblicazione di libri, conferenze, petizioni online, attività su blog, campagne di raccolta fondi e addirittura ha fondato un'associazione intesa a far rispettare il diritto fondamentale alla protezione dei dati.


Ancora, il legale ha ottenuto la cessione, da parte di oltre 25 000 persone in tutto il mondo, dei loro diritti al fine di far valere tali diritti nella presente causa giacche il social avrebbe violato molte disposizioni in materia di protezione dei dati.


L'azione intentata innanzi ai competenti organi austriaci, basata tanto su diritti propri quanto su diritti simili che gli avrebbero ceduto sette altre controparti contrattuali (parimenti consumatori residenti in Austria, Germania e India) viene respinta e giunge, a seguito delle opportune impugnazioni, innanzi alla Corte Suprema austriaca che sospende il procedimento chiedendo l'intervento della CGUE.

La qualità di "consumatore" dell'utente Facebook

La Corte viene, in primis, interpellata sull'esatta interpretazione dell'art. 15 del regolamento (CE) n. 44/2001 (concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale).


Sul punto, la CGUE afferma che l'utilizzatore di un account Facebook privato non perde la qualità di "consumatore" ai sensi di tale articolo anche laddove, come ha fatto il legale, pubblichi libri, tenga conferenze, gestisca siti Internet, raccolga donazioni e si faccia cedere i diritti da numerosi consumatori al fine di far valere in giudizio tali diritti.

In particolare, spiega la Corte, quanto alla nozione di consumatore, si dovrà fare riferimento alla posizione di tale persona in un determinato contratto, in relazione alla natura e alla finalità di quest'ultimo, e non invece alla situazione soggettiva di quella stessa persona, potendo un solo e medesimo soggetto essere considerato un consumatore nell'ambito di determinate operazioni e un operatore economico nell'ambito di altre.

Nel caso dell'utente Facebook, conclude la Corte, questi assume la qualità di consumatore se ha usufruito dei servizi della rete digitale in maniera non professionale, a meno che il "contratto" originariamente concluso non abbia acquisito in seguito un carattere professionale.

Tuttavia, poiché la nozione di "consumatore" si definisce per opposizione a quella di operatore economico e prescinde dalle conoscenze o dalle informazioni di cui una persona realmente dispone, né le competenze che l'interessato possa acquisire nel settore nel cui ambito rientrano tali servizi, né il suo impegno ai fini della rappresentanza dei diritti e degli interessi degli utilizzatori di tali servizi lo privano della qualità di "consumatore" ai sensi dell'articolo 15 del regolamento n. 44/2001.

Un'interpretazione della nozione che escludesse tali attività si risolverebbe, infatti, nell'impedire una tutela effettiva dei diritti di cui i consumatori dispongono nei confronti delle loro controparti professionali, compresi quelli relativi alla protezione dei loro dati personali e ciò contrasterebbe icon l'obiettivo fissato dall'art. 169, paragrafo 1, TFUE di promuovere il loro diritto all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi.

Niente "class action" del consumatore cessionario di diritti di altri consumatori

Quanto all'interpretazione dell'art. 16, paragrafo 1, del regolamento n. 44/2001, la Corte chiarisce che non si applicherà all'azione di un consumatore diretta a far valere, dinanzi al giudice del luogo in cui questi è domiciliato, non soltanto diritti propri, ma anche diritti ceduti da altri consumatori domiciliati nello stesso Stato membro, in altri Stati membri oppure in Stati terzi.

Le nome in materia di competenza previste dal regolamento stesso, infatti, vanno interpretate restrittivamente poiché derogano sia alla regola generale (che attribuisce la competenza ai giudici dello Stato membro nel territorio del quale il convenuto è domiciliato) sia alla regola di competenza speciale in materia di contratti (secondo cui il giudice competente è quello del luogo in cui è stata o deve essere eseguita l'obbligazione dedotta in giudizio).

La normativa particolare (art. 15 e ss. reg. n. 44/2001) è ispirata dalla preoccupazione di proteggere il consumatore in quanto parte contraente considerata, sul piano giuridico, economicamente più debole e meno esperta della sua controparte da tutelare, quindi, se personalmente coinvolto come attore o convenuto in un giudizio.


Quindi, l'attore che non sia esso stesso parte del contratto di consumo di cui trattasi non può beneficiare del foro del consumatore e t ali considerazioni devono applicarsi anche nei confronti di un consumatore cessionario di diritti di altri consumatori.

Infatti, la speciale disciplina sulla competenza (ex art. 16, par. 1, reg. cit.) si applica soltanto all'azione esperita dal consumatore contro l'altra parte del contratto, il che presuppone necessariamente la conclusione di un contratto tra questi e il professionista in questione.

Infine, chiarisce la Corte diversamente da quanto stabilito dagli organi austriaci, la circostanza che il cessionario consumatore possa, in ogni caso, proporre, dinanzi al giudice del luogo del proprio domicilio, un'azione fondata su diritti che ricava personalmente da un contratto concluso con il convenuto, analoghi a quelli che gli sono stati ceduti, non è atta a far rientrare anche questi ultimi diritti nella competenza di tale giudice poiché, una cessione di crediti non può, di per sé, incidere sulla determinazione del giudice competente.

In sostanza, una cessione come quella di cui al procedimento principale non può essere il fondamento per un nuovo foro specifico per il consumatore cessionario.

CGUE causa C-498/16

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