di Lucia Izzo - Il coniuge che
lavora e che è in grado di mantenersi ha diritto all'assegno di mantenimento, non trovando applicazione, in caso di separazione, gli stringenti parametri del
divorzio: pertanto, i "
redditi adeguati" di cui parla l'art. 156 c.c. vanno rapportati a quelli necessari a
mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Inoltre, nel calcolo dell'assegno, deve valutarsi l'assegnazione della
casa familiare.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile,
nell'ordinanza n. 28327/2017 (qui sotto allegata) pronunciatasi sul ricorso della moglie contro la sentenza che aveva pronunciato la
separazione dei coniugi non riconoscendole l'assegno di mantenimento.I giudici d'appello avevano escluso il diritto all'assegno della moglie separata sul presupposto che quanto da lei guadagnato con la sua attività di estetista fosse sufficiente per il suo mantenimento.
Separazione: mantenimento all'ex anche se lavora e percepisce redditi
Tuttavia, secondo gli Ermellini, sono fondate le doglianze avanzate dalla donna riguardanti il criterio legale del diritto all'assegno. In particolare, precisano i giudici, la statuizione de qua non tiene conto del principio ribadito, anche di recente dalla sentenza n. 12196/2017, secondo cui la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale.
Pertanto, i "redditi adeguati" a cui, ex art. 156 c.c., va rapportato l'assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell'addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
In tal caso, infatti, si ritiene
ancora attuale il dovere di assistenza materiale che non presenta alcuna incompatibilità con tale situazione temporanea, dalla quale deriva
solo la sospensione degli obblighi di natura personale e di fedeltà, convivenza e collaborazione; si tratta, pertanto, di una situazione che ha una
consistenza ben diversa dalla solidarietà post coniugale, presupposto dell'assegno di
divorzio.
La sentenza impugnata, invece, si è correttamente attenuta al principio secondo cui, in tema di separazione personale dei coniugi, il
godimento della casa familiare costituisce un valore economico (corrispondente di regola al canone ricavabile dalla
locazione dell'immobile) del quale il giudice deve tenere conto ai fini della determinazione dell'assegno dovuto all'altro coniuge per il suo mantenimento e per quello dei figli.