La Cassazione penale si pronuncia sul delitto di coltivazione di marijuana ad uso personale

Avv. Francesca Servadei - Con sentenza del 21 settembre 2017 numero 43465, la IV Sezione della Suprema Corte ha statuito che la coltivazione costituisce di per sé reato a prescindere dallo scopo per il quale viene posta in essere, quindi anche nel caso in cui si tratti di coltivazione ad uso personale, in quanto nel caso di coltivazione viene meno il nesso di immediatezza con l'suo personale. Tale orientamento trova il suo riscontro in precedenti pronunce della Corte Costituzionale, la sentenza 24 luglio 1995, numero 360; sempre della Consulta la pronuncia 20 maggio 2016 numero 109 e l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite con sentenza 24 aprile 2008 numero 28605.

La vicenda

La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado in cui l'imputato veniva condannato per il delitto di coltivazione di 20 piante di marijuana; avverso tale pronuncia era proposto ricorso per Cassazione, in quanto vi era stata la violazione dell'articolo 73, comma 5 D.P.R numero 309/1990; l'imputato, in modo particolare, dubitava della legittimità costituzionale dell'articolo 73 I comma Legge 309/1990, sostenendo che laddove sia stato provato l'uso strettamente personale della sostanza, non vi può sussistere alcun pericolo alla diffusione della sostanza e quindi nessuna offesa al bene giuridico protetto, l'imputato lamenta altresì il contrasto con gli articoli 3, 13, 25, comma II e 27, comma I, della Carta Costituzionale.

Reato di coltivazione, nessuna incostituzionalità

La IV Sezione della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dichiarando manifestamente infondata la questione di costituzionalità. Gli Ermellini hanno sottolineato come nel ricorso in Appello non veniva specificato la finalità personale della coltivazione ed anzi i Supremi Giudici evidenziavano come la fattispecie contrastava con la cessione a terze persone della sostanza; tale pronuncia rievoca quella già pronunciata dalla Consulta, la quale osservava che nel caso di coltivazione, era omesso il nesso di immediatezza con l'uso personale, facendo rientrare nella discrezionalità

del Legislatore anche la scelta volta a non agevolare condotte finalizzate all'approvvigionamento di sostanze stupefacenti, per uso personale. Inoltre l'attività di coltivazione possiede una maggiore potenzialità diffusiva delle estraibili sostanze stupefacenti; a tale orientamento è da aggiungersi anche quello delle Sezioni Unite che con pronuncia 28605/2008 hanno statuito che la coltivazione delle piante dalle quale siano estraibili sostanze stupefacenti costituisce reato a prescindere dalla circostanza che l'uso della sostanza sia personale ovvero no.

Dai citati orientamenti si evince la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale avanzata, senza tralasciare che i giudici di merito sottolineavano che si trattava di ben otto piantine, dotate di potere drogante ed idonee a produrre la sostanza stupefacente.

AVV. FRANCESCA SERVADEI

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Cassazione, sentenza n. 43465/2017

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