La Cassazione ricorda che se la Banca ha richiesto interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti gli interessi

di Lucia Izzo - In relazione al contratto di mutuo, la Cassazione ricorda che ai sensi dell'art. 1815, co. 2, c.c. "se sono dovuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi" e, ai sensi dell'art. 1 d.l. 29 dicembre 2000, n. 394, convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 24, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.


Come ricorda la Corte, il legislatore, "ha voluto sanzionare l'usura perché realizza una sproporzione oggettiva tra la prestazione del creditore e la controprestazione del debitore"


E' quanto emerge dall'ordinanza n. 23192/2017 (qui sotto allegata) pronunciata a seguito del ricorso di una Banca che aveva chiesto, in sede di merito, l'ammissione al passivo fallimentare di una s.p.a. in virtù di un contratto di mutuo fondiario.


Contestando quanto deciso dal giudice delegato, tuttavia, la banca proponeva un'opposizione respinta dal Collegio giudicante: per il Tribunale era corretto ammettere al passivo la banca con riferimento alla sola sorte capitale, non potendo essere riconosciuti gli interessi moratori.


Come emerso dalla C.T.U. espletata, infatti, al momento della pattuizione il tasso degli interessi moratori era superiore al tasso soglia, vertendosi, così, in ipotesi di usura originaria (e non in quella di usura sopravvenuta come dedotto dalla banca) e, conseguentemente, ai sensi dell'art. 1815 c.c., la pattuizione del tasso di mora era considerata nulla e nessun interesse spettava.


In Cassazione, l'istituto creditizio sostiene che, al fine del superamento del tasso soglia, si deve valutare l'eventuale usurarietà originaria del tasso di mora e, nel caso di affermata nullità degli interessi usurari moratori, detta nullità non potrebbe colpire gli interessi corrispettivi i quali non superino il tasso.

Cass., VI civ., sent. n. 23192/2017

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