La Cassazione si pronuncia sullo spaccio in relazione a condotte reteirate nel tempo

Avv. Francesca Servadei - La terza sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 24 luglio 2017, numero 36616 (sotto allegata), ha statuito che le continue denunce in materia di stupefacenti non compromettono l'applicabilità della tenuità del fatto, pertanto è possibile l'applicazione dell'articolo 131-bis del codice penale.

Particolare tenuità del fatto: applicabilità ed esclusione

Con l'articolo 131-bis c.p. il legislatore ha ravvisato che la punibilità risulta essere esclusa quando, per le modalità della condotta nonché per l'esiguità del danno ovvero del pericolo, alla luce dell'articolo 133, comma 1 codice penale, l'offesa al bene giuridico tutelato sia di lieve entità ed il comportamento del soggetto agente risulti essere non abituale.

Dalla lettura dell'articolo 131-bis si evince che l'offesa non rientra nei casi di particolare tenuità nel caso in cui l'agente abbia posto in essere una condotta per motivi abietti, futili ovvero caratterizzata da crudeltà anche nei confronti degli animali ovvero abbia seviziato la persona offesa ovvero si sia approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età o nel caso in cui la condotta abbia cagionato ovvero da esse siano derivate, senza che sia stato voluto, morte o lesioni gravissime alle persone.

L'abitualità del comportamento sta nel fatto che il soggetto agente sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale, per tendenza, o nel caso abbia commesso più reati della medesima indole, anche nel caso in cui, il reato considerato isolatamente, sia di particolare tenuità, nonché laddove si tratti di reati aventi ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Particolare tenuità del fatto anche al reato di spaccio di sostanze stupefacenti

I giudici di merito accertavano l'esistenza delle denunce senza però specificare nulla in merito all'esito di queste; inoltre non delucidavano se fosse stato dato corso ad un procedimento penale ovvero vi fosse stata la responsabilità penale dell'imputato stesso.

Per gli Ermellini, quindi, "non può ravvisarsi, allo stato, la sicura esistenza di clausole ostative, tenuto conto dell'opzione esegetica adottata dalla Corte territoriale". Alla stregua di tali considerazioni, "da un lato alla Corte è riservata solamente una valutazione circa l'astratta non incompatibilità dell'istituto rispetto alla fattispecie concreta, dall'altro la Corte di Appello appare avere formulato, per quanto osservato, un giudizio non congruo in relazione ai requisiti di legge". Da qui l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino, ai fini di un nuovo esame in ordine alla richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilità.

Avv. Francesca Servadei

Studio legale Servadei

Lariano (Roma)

Mobile: 3496052621

E-mail: francesca.servadei@libero.it

Cassazione, sentenza n. 36616/2017

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: