La depenalizzazione salva l'uomo che mostra i genitali ai passeggeri su un treno. Solo illecito amministrativo niente reato

di Marina Crisafi - Niente reato per chi mostra i genitali ai passeggeri su un treno. Il delitto di atti osceni infatti è stato depenalizzato e la condotta al massimo può essere valutata come illecito amministrativo. Lo ha ricordato la terza sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 24108/2017 depositata oggi (sotto allegata),

La vicenda

Ricostruita la vicenda, grazie ai malcapitati testimoni, l'uomo veniva dichiarato, in entrambi i gradi di merito, responsabile del reato ex art. 527 c.p. per avere, all'interno di una carrozza ferroviaria, mostrato ai passeggeri presenti i propri organi genitali.

L'imputato si rivolgeva allora al Palazzaccio, chiedendo, nelle more dell'intervenuta depenalizzazione, di essere mandato assolto perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

Gli atti osceni non sono più reato

Per gli Ermellini il ricorso è fondato.

Il d.lgs. n. 8/2016 (art. 2, comma 1) infatti, rilevano, ha modificato l'art. 527 c.p., nel senso di "escludere la rilevanza penale degli atti osceni laddove essi non siano stati commessi all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi frequentati abitualmente da minori ed in quanto da tale frequentazione ne sia derivato il pericolo che essi vi abbiano assistito, residuando, nel caso derubricato un semplice illecito amministrativo".

Nel caso di specie, la condotta si è realizzata sì in luogo pubblico o quanto meno esposto al pubblico (ossia all'interno del vagone ferroviario adibito al trasporto viaggiatori), ma non in luogo abitualmente frequentato da minori.

Per cui, tale condotta, "non ha più, per espressa volontà del legislatore, nessuna connotazione penalmente rilevante".

Da qui l'annullamento della sentenza senza rinvio perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, con conseguente trasmissione degli atti al prefetto per l'irrogazione a carico dell'uomo della relativa sanzione amministrativa.

Cassazione, sentenza n. 24108/2017

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