Per la Cassazione si tratta di maltrattamenti nonostante le umiliazioni abbiano un intento "scherzoso"

di Lucia Izzo Rischia la condanna per maltrattamenti il patrigno che denigra di continuo il figlio della convivente, anche se dietro le umiliazioni vi sia un intento scherzoso: la sottocultura e la maleducazione, infatti, non escludono l'elemento soggettivo del reato ossia la coscienza e volontà di provocare alla persona offesa in modo abituale una serie di sofferenze morali.


Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 10901/2017 (qui sotto allegata) annullando la sentenza del Tribunale di Ravenna impugnata "per saltum" dal P.M. e dal difensore della parte civile.


Il giudice di merito aveva assolto, per insussistenza del fatto, un uomo imputato, tra l'altro, del reato di cui all'art. 572 c.p. (Maltrattamenti contro familiari e conviventi), per aver aver maltrattato il figlio della moglie convivente, attraverso "ripetute condotte psicologicamente violente realizzate mediante reiterazione sistematica di atti di disprezzo e denigrazione del minore, con sopraffazione morale della persona offesa".


In effetti, evidenziano gli Ermellini, tali condotte sono state riconosciute come effettivamente esistenti dallo stesso Tribunale, che però ha escluso il carattere di maltrattamento penalmente rilevante sulla base della considerazione che si sarebbe trattato di condotte "in parte ordinarie, in parte poco urbane, in altra parte frutto di sottocultura e di maleducazione ... iscrivibili in una mentalità maschile poco aperta, riconducibile a una mascolinità retrograda e superata".


Una motivazione che non soddisfa la giurisprudenza di legittimità e i principi enucleati in tema di elemento soggettivo e soggettivo del reato in esame: le condotte di maltrattamento, ribadiscono i giudici, raggiungono la soglia della rilevanza penale quando si collocano in una più ampia e unitaria condotta abituale idonea a imporre un regime di vita vessatorio mortificante e insostenibile.


Nel caso di specie, come dimostrato dal corredo probatorio e dalle testimonianze, ci si trova di fronte a condotte sicuramente maltrattanti, caratterizzate da un manifesto disprezzo nei confronti della personalità morale e della dignità del minore e anche da minute, ma reali, violenze fisiche e certe nonchè positive violenze morali.


Sbaglia il Tribunale soprattutto quanto all'elemento soggettivo del reato che sembra aver particolarmente valutato: i giudici di Cassazione rammentano che "un intento intermittentemente scherzoso o giocoso non esclude certo il dolo del reato, che si caratterizza per la coscienza e volontà di sottoporre la persona offesa a una serie di sofferenze fisiche o morali in modo continuato e abituale".


Nel caso di specie tale estremo appare "manifestamente sussistente" a seguito della valutazione della lunga e dettagliata descrizione delle condotte maltrattanti enunciate nella imputazione, nonchè la natura e la qualità delle stesse. Parola al giudice del rinvio.

Cass., Vi sez. pen., sent. 10901/2017

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