Da chi dispensa consigli a chi scoraggia, ecco la realtà a cui si va incontro quando si sceglie di diventare avvocati

di Annamaria Villafrate - Certo che me ne ha parlato, diranno molti! Dolci, care e tenere mamme, sempre pronte a elargire consigli. Ma gli approcci sono diversi.

Ci sono le mamme che incoraggiano i figli alla scelta della professione forense e che si spingono fino a dare suggerimenti sull'abbigliamento, su come comportarsi nelle public relation, insomma, le classiche mamme che amano disegnare il futuro per i propri figli. Peccato però che queste mamme non sempre si rendano conto di quale futuro attende i novelli avvocati.

Mamme entusiaste che considerano la professione di avvocato come una delle professioni più ambite e che possono garantire un benessere anche economico. E così queste mamme italiane possono vantarsi dei propri figli quando sono con le amiche a prendere un caffè e a raccontare di come il proprio adorato figlio abbia superato l'esame da avvocato e di come ora collabori con uno studio prestigioso. Orgoglio di mamma!

Ma queste mamme sanno davvero cosa è oggi il mondo dell'avvocatura?

Se lo sapessero forse non sarebbero più così convinte che fare l'avvocato sia ancora quel sogno nel cassetto da perseguire ad ogni costo. 

Guardiamoci attorno: molti avvocati anche piuttosto "attempati" sono costretti a tornare da mamma e papà perché non riescono a sostenere le spese di uno studio legale e sono in arretrato con i contributi previdenziali e la tassa d'iscrizione all'albo (si vedano in proposito alcuni editoriali pubblicati su questo quotidiano: "Avvocati ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande..."; "Il dramma dei giovani avvocati nell'indifferenza del mondo politico"; "Avvocati: come lavorare 12 ore al giorno senza guadagnare un centesimo).

Che tristezza! Il loro volto è ormai diverso da quello che avevano quando erano degli studenti di giurisprudenza, smaniosi di calcare il palco delle aule dei tribunali per recitare la propria arringa.

In Italia, infatti, siamo lontani anni luce dalla realtà degli avvocati americani dei telefilm, sempre perfetti, grintosi, preparatissimi e ricchi sfondati. I giovani avvocati italiani? Abiti e visi stropicciati dalla stanchezza e dalla noia per colpa delle file in cancelleria e le snervanti attese in udienza. Senza parlare dello stress alle stelle per le estenuanti e continue rincorse dei clienti che non hanno intenzione di pagare.

Quante volte i telegiornali e le rubriche dedicate al mondo del lavoro hanno raccontato l'epopea dei giovani praticanti e avvocati, costretti a cancellarsi dall'albo dopo anni di disperazione pura e povertà. Una professione alla deriva che sembra destinata solo a chi se la può permettere.

In verità, la situazione negli ultimi anni è diventata talmente tragica da scoraggiare persino i più tenaci.

E lo sanno bene anche chi vive con degli avvocati (che siano figli, fratelli, o il coniuge): tutti sono testimoni delle tensioni e degli sfoghi di chi è avvocato nell'era del processo telematico.

Con questo non si vuole certo incoraggiare al disfattismo. Essere avvocato oggi, aldilà delle innegabili difficoltà resta pur sempre un onore e motivo di soddisfazione personale.  

In fin dei conti fare l'avvocato è una vera e propria "missione" e se la strada oggi appare tortuosa, ciò non significa che ci si debba arrendere. In fondo si tratta di lavorare per la "Giustizia" e non è certo cosa da poco. 


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