La previsione del codice della strada e il punto della giurisprudenza

di Lucia Izzo - Lo stop in doppia fila è ormai una pratica consolidata: quando la fretta non consente di cercare un parcheggio nelle vicinanze oppure tutti i posti disponibili sono occupati, la scelta "migliore" sembra essere quella della sosta, anche momentanea, lì dove non sarebbe concesso.


Una pratica sanzionata costantemente dagli operatori della polizia stradale, ma che potrebbe costare più di una rimozione forzata e di una contravvenzione.

L'art. 158, comma 2, lett. c) del Codice della Strada, infatti, vieta la sosta in seconda fila (salvo che si tratti di veicoli a due ruote, due ciclomotori a due ruote o due motocicli) e prevede una sanzione amministrativa da euro 24 a euro 97 per i ciclomotori e i motoveicoli a due ruote e da euro 41 a euro 168 per i restanti veicoli. L'art. 159, invece, legittima gli agenti di polizia alla rimozione forzata qualora la sosta vietata costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione.


Inoltre, per la giurisprudenza, l'atteggiamento del trasgressore che in doppia fila blocca la manovra alle altre autovetture regolamentate parcheggiate, è idoneo a integrare il reato di violenza privata, così come qualunque atteggiamento di ostacolo all'accesso o all'uscita provocato dal "parcheggio selvaggio" del veicolo.


La Corte di Cassazione, con una sentenza del 4 luglio 2005 n. 24614, aveva già precisato che il reato previsto dall'art. 610 c.p. doveva ritenersi integrato in base ad ogni condotta idonea a costituire una coazione della parte offesa: la condotta attiva, per cui è stata confermata la condanna del trasgressore nel caso di specie, era consistita nell'avere costui parcheggiato la propria autovettura in modo da bloccare quella della parte offesa e nel rifiuto dell'invito a spostarla; da qui la coazione subita dalla parte offesa, costretta a un comportamento non liberamente voluto.


Un principio confermato anche dalla quinta sezione penale nella sentenza n. 32720/2014 (per approfondimenti: Cassazione. L'auto parcheggiata blocca l'uscita? È reato di violenza privata

): per gli Ermellini, commette reato di violenza privata colui che ostruisce con il proprio veicolo l'unica via di uscita da un fondo, o meglio, colui che fa questo con il preciso intento (dolo) di impedire la libera uscita dallo stesso. Giusta la condanna, pertanto, nei confronti dell'automobilista che aveva bloccato con il proprio fuoristrada l'unico passaggio che permetteva di uscire dal fondo per bloccare colui che, secondo l'imputato, stava illecitamente arando un fondo si sua proprietà.


Stessa sorte è toccata ad un uomo che aveva parcheggiato in malo modo innanzi a un fabbricato, bloccando alle altre autovetture ogni via d'uscita. Per la Cassazione, sentenza n. 48346/2015, l'elemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata "si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l'offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza "impropria", che si attua attraverso l'uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione" (per approfondimenti: Commette reato chi parcheggia bloccando altre auto. Parola di Cassazione!).


I principi stabiliti dalla Suprema Corte hanno trovato applicazione in numerose pronunce di merito: ad esempio, con la decisione n. 2006/2014 il Tribunale di Taranto ha confermato la condanna ex art. 610 c.p. nei confronti di un condomino che, a seguito di liti con altri proprietari, aveva "dimenticato" la propria vettura per ben due giorni innanzi al garage di un altro inquilino impedendogli il libero utilizzo della sua proprietà privata.


Punito anche un conducente, condannato dal Giudice di Pace di Roma, sentenza n. 27962/2013  a causa del parcheggio in seconda fila sulla strada pubblica, in maniera tale da impedire l'uscita dal parcheggio di un altro conducente, regolarmente posizionato sulle strisce a bordo carreggiata. Una condanna a cui si è aggiunto un risarcimento danni per la perdita di tempo procurata al titolare del veicolo.


Nell'indirizzo tracciato dalla giurisprudenza di legittimità si innesta, inoltre, una recente pronuncia della Corte d'Appello di Palermo, sentenza 22 febbraio 2016, n. 648, che ha confermato la condanna nei confronti di un uomo, che aveva più volte parcheggiato la propria autovettura nell'unica stradina di accesso impedendo alla parte offesa di raggiungere la propria abitazione (per approfondimenti: Parcheggi: bloccare un'altra auto è reato).

Per i giudici della Corte, risulta provato il delitto di violenza privata, nelle sue componenti oggettive e soggettive, poiché non è richiesto, per la sua configurabilità, che la condotta criminosa si protragga nel tempo, trattandosi di reato istantaneo.


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