La condotta non può integrare il delitto di maltrattamenti, salvo non vi sia violenza fisica o psicologica

di Lucia Izzo - La condotta del marito che impedisce alla moglie di trovare un'occupazione, rendendosi economicamente indipendente, può integrare il reato di maltrattamenti ai sensi dell'art. 572 c.p.? La risposta della giurisprudenza sul tema parrebbe essere negativa.

Quella che, prima facie, appare come una "violenza economica , potrebbe in realtà essere frutto di una scelta giustificata da scelte organizzative interne della famiglia.


In questi termini si è occupata della faccenda la Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 43960 del 30 ottobre del 2015 (qui sotto allegata). La vicenda portata all'attenzione della Suprema Corte riguardava un uomo, imputato dei delitti di maltrattamenti e lesioni personali aggravate in danno della moglie, che i giudici di merito hanno ritenuto insussistenti.

Decisione confermata anche a seguito del ricorso della parte civile: in particolare, per i giudici di legittimità, il comportamento dell'uomo che ha impedito alla persona offesa di essere economicamente indipendente non può ritenersi circostanza tale da integrare una "violenza economica" riconducibile alla fattispecie ex articolo 572 del codice penale.

Detta fattispecie incriminatrice, precisa la Cassazione, richiede che siano provati comportamenti vessatori suscettibili di provocare un vero e proprio stato di prostrazione psico-fisica della persona offesa, mentre le scelte economiche ed organizzative in seno alla famiglia, per quanto non pienamente condivise da entrambi i coniugi, non possono di per sè integrare gli estremi dei maltrattamenti.

Ben diverso è il caso in cui venga provato che tali scelte costituiscono il frutto di comprovati atti di violenza fisica o di prevaricazione psicologica, poichè in quest'ultima situazione ben può essere integrata la fattispecie prevista dal codice penale e il coniuge potrebbe andare incontro ad una contestuale condanna per maltrattamenti contro familiari e conviventi.

Cass., VI sez. pen., sent. 43960/2015

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