Per le Sezioni Unite di Cassazione, il comportamento va considerato incompatibile con la volontà di persistere nella querela

di Lucia Izzo - Integra remissione tacita di querela il comportamento del querelante che non compaia all'udienza dibattimentale, dopo essere stato in precedenza espressamente avvisato dal giudice che la sua eventuale assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.

Lo hanno disposto le Sezioni Unite Penali di Cassazione, nella sentenza n. 31668/2016 (qui sotto allegata) a seguito del ricorso del Procuratore Generale della Corte d'Appello.

Il Giudice di Pace aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine ai delitti di ingiuria, considerandoli estinti per remissione di querela, sul presupposto in diritto che l'assenza in udienza, tanto della persona offesa (previamente avvertita dal giudice che la sua mancata comparizione sarebbe stata considerata come volontà di conciliare la lite e, quindi, di rimettere la querela) quanto dell'imputato (parimenti avvertito che la sua assenza sarebbe stata considerata come accettazione della remissione della querela), significasse tacita espressione, rispettivamente, di remissione della querela e di accettazione della medesima.

La questione viene affidata alle Sezioni Unite in ragione del riprodursi di un contrasto giurisprudenziale sulla questione, ossia: "Se nel procedimento davanti al giudice di pace, instaurato a seguito di citazione disposta dal pubblico ministero, configura remissione tacita di querela la mancata comparizione del querelante, previamente ed espressamente avvisato che l'eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come volontà di non insistere nell'istanza di punizione".

Gli Ermellini evidenziano che la condotta considerata nel presente processo, costituita dal non essere il querelante comparso in udienza a seguito dell'avvertimento che ciò sarebbe stato considerato volontà implicita di rimessione della querela, può bene essere inquadrata nel concetto di fatto di natura extraprocessuale incompatibile con la volontà di persistere nella querela, a norma dell'art. 152, secondo comma, terzo periodo, cod. pen.

Inoltre, in considerazione della previsione di un inderogabile dovere del giudice di pace di favorire la conciliazione tra le parti nei casi di reati perseguibili a querela, ben può essere riconosciuta al giudice stesso la scelta delle modalità più opportune per perseguire tale obiettivo, se del caso rendendo avvertite le parti della valutazione che potrebbe essere attribuita a una loro condotta passiva: volontà tacita del querelante di rimessione e mancanza di volontà di ricusa del querelato.

Le Sezioni Unite enunciano, dunque, il seguente principio di diritto: "Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l'eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela".

I giudici precisano che, in tale contesto normativo, teso a rafforzare le esigenze informative delle vittime dei reati, alle quali vanno peraltro specularmente assegnati altrettanti oneri di partecipazione al processo, va certamente considerata come legittima - ed anzi auspicabile - una prassi alla stregua della quale il giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura dì inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante e di mancanza di ricusa della remissione della mancata comparizione del querelato.

Una simile opportuna iniziativa, prosegue il Collegio, appare anche in sintonia con il rispetto del principio della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, secondo comma, Cost., favorendo definizioni del procedimento che passino attraverso la verifica dell'assenza di un perdurante interesse della persona offesa all'accertamento delle responsabilità penali e precludano sin dalle prime battute lo svolgimento di sterili attività processuali destinate a concludersi comunque con un esito di improcedibilità dell'azione penale o di estinzione del reato.

Cassazione, Sezioni Unite Penali, sent. 31668/2016

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