Quando si disgrega un rapporto di convivenza, gli accordi sulla sorte dei figli minori non richiedono assistenza legale

di Lucia Izzo - Non è necessaria la presenza di un avvocato quando una coppia di fatto, convivente more uxorio, decide per lo scioglimento del vincolo esistente e sulla sorte della prole.

In particolare, in maniera analoga alla separazione consensuale, laddove le parti "ex conviventi" decidano di ricorrere in tribunale in maniera congiunta a seguito della disgregazione della famiglia, per poter veder ratificare l'accordo sulle sorti del figlio non ancora maggiorenne, la difesa tecnica è da considerarsi non necessaria.

Lo stabilisce un recente decreto del Tribunale di Milano (IX sez. Civile, pres. Gloria Servetti), che giustifica la mancanza del legale in base alla circostanza che vede le parti non legate da un vincolo di coniugio, con la conseguenza che la cessazione del loro rapporto potrà avvenire ad nutum.

Ciò significa che l'autorità giudiziaria, in casi similari, non sarà tenuta ad accertare il carattere irreversibile della crisi del rapporto attraverso l'espletamento dl tentativo di conciliazione.

Se i due ex conviventi presentano un ricorso congiunto relativo all'esercizio della potestà genitoriale, ai sensi dell'art. 316 c.c., la difesa tecnica non sarà necessaria, ma il Tribunale meneghino precisa che, in via d'eccezione, dovranno essere fatte salve eventuali difformi valutazioni di opportunità per il minore (non precisate nel decreto) che invece richiedano assistenza legale.

Di norma, l'esame del Tribunale dovrà essere elettivamente diretto a verificare l'adeguatezza degli accordi raggiunti per quanto riguarda l'interesse della prole minore, con un sindacato simile a quello che viene condotto sugli accordi di separazione.

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