Non rileva che l'obiettivo sia rivolto verso la strada e che riprenda solo in parte la proprietà del vicino, per la Cassazione è violazione della privacy

di Marina Crisafi - Se può essere legittimo installare una telecamera davanti alla propria abitazione, nel momento in cui viene ripresa anche solo in parte la proprietà di fronte o vicina è violato il diritto alla riservatezza. E a nulla rileva che l'obiettivo sia puntato verso la strada, oggetto di servitù di passaggio, o che la qualità delle immagini sia scarsa e ad essere inquadrati siano soltanto gli arti inferiori di coloro che la percorrono: la privacy è comunque "potenzialmente" lesa.

Così si è espressa la sesta sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 12139 pubblicata ieri, mettendo la parola fine ad una lite tra vicini di casa che si era protratta sino al terzo grado di giudizio.

La vicenda vedeva, infatti, contrapposte due famiglie, legate da rapporti di vicinato e di parentela, tra le quali non correva certo buon sangue anche a causa delle telecamere che una delle due aveva installato sull'ingresso della propria abitazione ma che l'altra riteneva lesive della privacy.

E la Cassazione dà ragione a quest'ultima, uniformandosi alle pronunce di merito che, sulla base della perizia effettuata, avevano rilevato come la posizione delle due telecamere di sorveglianza fosse potenzialmente idonea a riprendere la proprietà dei vicini e in ogni caso l'area in cui gli stessi esercitavano il loro diritto di servitù di passaggio.

Né poteva assumere rilievo, come sostenuto dai ricorrenti, che una delle due telecamere fosse non funzionante e l'altra avesse una scarsa risoluzione riuscendo a riprendere soltanto gli arti inferiori dei passanti.

Per il Palazzaccio, infatti, è corretta la tesi della corte distrettuale, secondo la quale collegare una videocamera ad un monitor, così come "modificare la visuale di ripresa o ancora sostituire le ottiche sono operazioni semplici che possono effettuarsi senza possibilità alcuna di controllo" da parte dei vicini. Da ciò consegue la potenziale lesività della privacy.

Morale della favola: la famiglia è stata condannata non solo a rimuovere e riposizione le telecamere ma anche a rimborsare le spese processuali sostenute dai vicini. 


Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: