Con ordinanza 11630 del 5.6.2015 la Cassazione (Pres. Mario CICALA, Rel. Marcello IACOBELLIS) esclude che le dichiarazioni del terzo abbiano valore confessorio
TRIBUTARIO FLASH

La lente dell'avvocato sul problema fiscale

di Ilaria Corridoni

Avvocato Cassazionista Master Tributario

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Sesta Civile - T -, con l'ordinanza n. 11630 del 5 giugno 2015, a firma del Presidente Dott. Mario Cicala, Relatore Marcello Iacobellis, era chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 222/16/13 emessa il 10 giugno 2013 in tema di IVA, IRPEF ed IRAP 2007.

Era accaduto che la Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa avesse respinto il ricorso del contribuente.

La Commissione Regionale era stata di opposto avviso, dandogli ragione sul rilievo che le dichiarazioni raccolte dalla Guardia di Finanza "assumono valore probatorio di elementi indiziari i quali da soli, come nel caso che ci occupa, non sono sufficienti a costituire prova, in quanto, non essendo coniugati con altri elementi, non rivestono i caratteri di gravità, precisione e concordanza".

La Suprema Corte reputa condivisibile l'orientamento espresso dalla Regionale e rigetta il ricorso per cassazione dell'Agenzia delle Entrate, che invocava la violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 c.c., 39 del DPR 600/73 e 54 DPR 633/72 in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., ricordando quanto segue.

La censura è infondata alla luce dei principi affermati dalla Cass., Sez. V, sentenza n. 9876 del 5 maggio 2011, Pres. Michele D'Alonzo, Rel. Antonio Valitutti, secondo cui, nel processo tributario, le dichiarazioni del terzo, acquisite dalla polizia tributaria nel corso di un'ispezione e trasfuse nel processo verbale di constatazione, a sua volta recepito nell'avviso di accertamento, hanno valore meramente indiziario, concorrendo a formare il convincimento del giudice, qualora confortate da altri elementi di prova.

Tali dichiarazioni del terzo possono integrare non un mero indizio, bensì una prova presuntiva, ai sensi dell'art. 2729 c.c., idonea da sola ad essere posta a fondamento e motivazione dell'avviso di accertamento in rettifica, da parte dell'Amministrazione Finanziaria, solamente nel concorso di particolari circostanze e specialmente quando abbiano valore confessorio.

Nella fattispecie specifica affrontata dal S.C. le dichiarazioni erano state rese da un solo soggetto, talché ciò esclude che possano essere sufficienti a comprovare la pretesa impositiva.

L'Agenzia delle Entrate è stata condannata a rifondere le spese del giudizio di cassazione al contribuente, liquidate in complessivi € 2.000,00, oltre accessori.

Chi sbaglia paga, anche se è il Fisco.

Componevano un Collegio declinato tutto al maschile insieme al Presidente, Mario Cicala, il relatore Marcello Iacobellis, Salvatore Bognanni, Giuseppe Caracciolo ed Antonello Cosentino.

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