Possibilità del privato di disporre di alcuni Certificati esecuzione lavori (CEL) in ambito pubblico, al fine di predisporre la documentazione per l'accesso ad un bando di concorso ministeriale

Prof. Luigino SERGIO 

La questione su cui si riflette riguarda la possibilità che ha un privato di disporre di alcuni CEL, Certificati esecuzione lavori (CEL) in ambito pubblico, al fine di predisporre la documentazione per l'accesso ad un bando di concorso ministeriale.

A tal proposito è necessario chiarire se:

a)      Il Certificato esecuzione lavori (CEL) sia un atto pubblico;

b)      l'interessato possa avanzare richiesta presso i Comuni ove ha lavorato in subappalto richiedendo il CEL della ditta appaltatrice;

c)        la ditta appaltatrice possa opporsi alla richiesta de qua.

Con riguardo al punto a) preliminarmente si chiarisce la differenza intercorrente tra un certificato di regolare esecuzione e un comune certificato di esecuzione lavori.

Il certificato di regolare esecuzione è atto sostitutivo del certificato di collaudo (art. 141, comma 1 d.lgs. n. 163/2006 e art. 237 d.p.r. n. 207/2010, Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), la cui emissione avviene sotto la piena responsabilità del direttore dei lavori (che solo in questo caso può avere funzioni di collaudatore) e del responsabile del procedimento che deve confermare il contenuto dello stesso certificato preparato dal d.l. (art. 237 reg., d.p.r. n. 207/2010).

Il certificato di esecuzione dei lavori (art. 83, comma 4, del d.p.r. n. 207/2010) è, invece, l'atto con cui il committente delle opere dichiara, ai fini della certificazione SOA, che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esisto.

Dunque il certificato di regolare esecuzione è atto sostitutivo (e equivalente) del certificato di collaudo (art. 141, comma 1, d.lgs. n. 163/2006 e art. 237 d.p.r. n. 207/2010), quindi attiene le verifiche tecniche svolte da un soggetto terzo (diverso dal committente e dall'esecutore dei lavori) che vengono eseguite per stabilire la conformità tecnico-normativa e amministrativa delle opere realizzate; mentre il certificato di esecuzione dei lavori (art. 83, comma 4 del d.p.r. n. 207/2010) contiene l'espressa dichiarazione del committente - opere pubbliche e private - (redatta nei modi indicati dall'allegato B e B1 del d.p.r. n. 207/2010) che i lavori eseguiti sono stati realizzati regolarmente e con buon esito. Questo tipo di certificato - che ha valore ai fini della certificazione SOA - è trasmesso all'Osservatorio, nei modi previsti dall'articolo 8, comma 7 del d.p.r. n. 207/2010.

Ad avviso del TAR Reggio Calabria, Sez. I, 9 novembre 2013, n. 613, la stazione appaltante, nella formazione e nel rilascio del certificato di esecuzione lavori, ai sensi dell'art. 40 codice dei contratti, opera ancora nella fase di esecuzione del contratto

di appalto e non possiede margine alcuno di discrezionalità, dovendosi emettere la certificazione in parola dietro il mero riscontro tecnico della tipologia del lavoro effettuato e della sua rispondenza alle categorie di classificazione. Ne deriva che la posizione dell'impresa rispetto all'emanazione del certificato ex art. 40 è di diritto soggettivo e la stazione appaltante ha il dovere di rilasciarlo, rispondendo per i danni conseguenti all'omessa, incompleta o inesatta formazione del certificato stesso, anche in termini di chance. Sussiste, quindi, la giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie.

Con riguardo al punto b) il Codice degli appalti, di cui al d.lgs. n. 163/2006, all'art. 118, comma 2, prevede che: «La stazione appaltante è tenuta ad indicare nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo. Tutte le prestazioni nonché lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo. Per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, con il regolamento, è definita la quota parte subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al trenta per cento. Per i servizi e le forniture, tale quota è riferita all'importo complessivo del contratto. L'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni:

1)  che i concorrenti all'atto dell'offerta o l'affidatario, nel caso di varianti in corso di esecuzione, all'atto dell'affidamento, abbiano indicato i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che intendono subappaltare o concedere in cottimo;

2)  che l'affidatario provveda al deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante almeno venti giorni prima della data di effettivo inizio dell'esecuzione delle relative prestazioni;

3)  che al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante l'affidatario trasmetta altresì la certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti dal presente codice in relazione alla prestazione subappaltata e la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all'articolo 38;

4)  che non sussista, nei confronti dell'affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».

 

Sempre l'art. 118 del Codice dei contratti pubblici, al comma 8, prevede che: «L'affidatario che si avvale del subappalto o del cottimo deve allegare alla copia autentica del contratto la dichiarazione circa la sussistenza o meno di eventuali forme di controllo o di collegamento a norma dell'articolo 2359 del codice civile con il titolare del subappalto o del cottimo. Analoga dichiarazione deve essere effettuata da ciascuno dei soggetti partecipanti nel caso di raggruppamento temporaneo, società o consorzio. La stazione appaltante provvede al rilascio dell'autorizzazione entro trenta giorni dalla relativa richiesta; tale termine può essere prorogato una sola volta, ove ricorrano giustificati motivi. Trascorso tale termine senza che si sia provveduto, l'autorizzazione si intende concessa. Per i subappalti o cottimi di importo inferiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate o di importo inferiore a 100.000 euro, i termini per il rilascio dell'autorizzazione da parte della stazione appaltante sono ridotti della metà».

 

Con riguardo al punto c) si evidenzia che ai sensi dell'art. 2699 c.c. «1. L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato».

 

Viene dunque posta l'attenzione su tre distinti elementi:

1. la provenienza del documento da un soggetto qualificato, vale a dire un notaio o altro pubblico ufficiale;

2. l'adozione delle speciali formalità previste per il tipo di documento concretamente posto in essere;

3. la competenza di colui che forma l'atto, intesa come l'autorizzazione della legge ad attribuire la particolare forza connessa con la natura pubblica dell'atto anche in relazione al luogo ove esso viene formato.

 

Passando dal genus atto pubblico, alla species certificazione, si rileva che ciò che vale a differenziare l'atto pubblico dalla certificazione, è che quest'ultima riflette la mera riproduzione di eventi o dichiarazioni pregresse (cfr. Cass. Pen. Sez. V, 2029/03).

 

Infatti, ai sensi del d.p.r. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A), il certificato è «il documento rilasciato da una amministrazione pubblica avente funzione di ricognizione, riproduzione o partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche».

 

Tutto ciò premesso, si conclude che:

a) il certificato di esecuzione di un lavoro pubblico è un documento amministrativo pubblico;

b) il subappaltatore regolare, qualora abbia un interesse a richiedere alla p.a. copia del certificato di esecuzione dei lavori rilasciato all'impresa affidataria dei lavori, parte dei quali essa ha effettuato in regime di subappalto, può, del tutto legittimamente farlo, nel pieno rispetto del diritto d'accesso, ovvero del diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi; soggetti interessati che, ai sensi della L.  7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, art. 22, comma 1, lett. b) sono «tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso»;

c) la ditta assuntrice dei lavori, che nel caso di specie assume il ruolo di soggetto controinteressato, così come definito dall'art. 22, art. 1, lett. c) della L. n. 241/1990 (tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza), qualora la procedura di subappalto sia stata posta in essere nel pieno rispetto della legge, non potrebbe opporsi al rilascio della certificazione di esecuzione dei lavori al subappaltatore.

Lecce 28 gennaio 2015 - Prof. Luigino SERGIO

già Direttore Generale della Provincia di Lecce

luiginosergio@yahoo.it

 


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