Il consiglio dato dal professionista alla cliente di non avanzare pretese economiche contestualmente alla domanda di divorzio non è di per sé incongruo

È una legittima strategia processuale quella dell'avvocato che suggerisce alla propria cliente di avanzare domanda di divorzio per mancata consumazione e di rinviare ad un giudizio successivo la proposizione della domanda di un assegno per il proprio mantenimento.

La cliente, però, voleva tutto subito e dopo diverse sollecitazioni, non soddisfatta, ha trascinato il legale in tribunale chiedendogli il risarcimento dei danni subiti per violazione dei doveri professionali.

Ma la Cassazione non è d'accordo.

Con sentenza n. 26059 depositata il 10 dicembre scorso, la prima sezione civile della S.C., ha ritenuto corretta la decisione della Corte d'Appello di Palermo che ha rigettato le istanze della donna, rilevando che "il consiglio dato dal professionista alla cliente di non avanzare pretese economiche contestualmente alla domanda di divorzio non fosse di per sé incongruo" attesa, da un lato, l'opportunità della scelta "di non compromettere la celerità del procedimento, che costituiva il preminente interesse della cliente, introducendo temi di natura economica, comportanti attività istruttoria non scindibile da quella inerente alla specifica ragione posta alla base del divorzio", dall'altro, la possibilità di avanzare autonomamente la domanda di assegno con decorrenza dal momento della stessa domanda.

Per i giudici di piazza Cavour, pertanto, il ricorso va rigettato, poiché non può ravvisarsi nessuna violazione dei doveri professionali o responsabilità professionale dell'avvocato, il quale ha soltanto "scelto una strategia processuale ritenuta, secondo l'apprezzamento del giudice del merito sorretta da adeguata motivazione e confacente agli interessi della stessa cliente".


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