L'adempimento del servizio militare non deve pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino.

Avv. Francesco Pandolfi  

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Il principio generale che si ricava dalla sentenza n. 3216 del 25.06.2014 resa dal Consiglio di Stato sez. 4 è che l'adempimento del servizio militare non deve pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino. 

E' questo un principio che si ricollega all'articolo 52 della Costituzione, ove viene scolpita la norma in forza della quale la difesa della patria è sacro dovere del cittadino e il servizio militare (obbligatorio nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge) non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, ne l'esercizio dei diritti politici. 

Oggi come oggi è noto che il servizio militare risulti non obbligatorio, pur avendo lo Stato riservato il potere di sciogliere tale "sospensione" in caso di necessità bellica.

Può essere utile analizzare i contenuti della vicenda affrontata dal Consiglio di Stato sezione 4. 

Il Ministero di Grazia e Giustizia impugna la sentenza con cui il TAR:

ha annullato il riconoscimento del servizio militare di leva ex art. 20 legge n. 958/86 prestato dal ricorrente - nominato uditore giudiziario con decreto xxx e in servizio presso il Tribunale di Crotone - limitatamente alla parte in cui determina le modalità applicative le quali attribuiscono al ricorrente l'importo di una classe di stipendio proporzionalmente ridotta in ragione del minor periodo valutabile (un anno anziché due);

ha dichiarato il diritto del ricorrente al riconoscimento del servizio militare di leva, ai fini dell'inquadramento economico e della progressione stipendiale, con conseguente spettanza delle differenze stipendiali e delle somme a qualsiasi titolo dovute in ragione della maggiore anzianità economica, detratto quanto già versato a tale titolo, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Con un'unica rubrica di gravame l'amministrazione denuncia la violazione dell'articolo 20 l. 958/86.

Si è costituito in giudizio con atto ad opponendum l'appellato, il quale ha chiesto la perenzione dell'appello e, con memoria per la discussione, ha eccepito in linea pregiudiziale l'inammissibilità dell'appello.

L'Amministrazione lamenta che l'integrazione dell'art. 20, per cui il periodo di servizio militare è stato interpretato dalla circolare della Presidenza del Consiglio nel senso che il beneficio debba essere "riconosciuto mediante anticipazione della classe o dell'aumento periodico in corso di maturazione di un numero di mesi pari all'effettiva durata del servizio militare di leva, con conseguente riflesso sugli eventuali automatismi annessi alla posizione rivestita". L'amministrazione avrebbe correttamente applicato al dottor B. un aumento stipendiale sulla qualifica rivestita all'atto della presentazione della domanda di uditore giudiziario.

Avendo l'appellato svolto il servizio militare antecedentemente all'ingresso nella magistratura ordinaria, gli era stato riconosciuto un aumento retributivo pari alla metà di una classe di stipendio con decorrenza dalla data di nomina a uditore giudiziario.

Pur computando per intero l'effettivo servizio militare, il magistrato - per avere diritto all'ammontare dell'intera classe di stipendio - avrebbe dovuto vantare un'anzianità della qualifica di uditore giudiziario di un anno, in luogo dei due previsti. 

In altri termini, la concessione anticipata della classe di stipendio successiva sarebbe avvenuta in proporzione al numero dei mesi di effettiva durata del servizio militare e tale computo si sarebbe risolto in un vantaggio per l'interessato. 

La permanenza nella qualifica di uditore giudiziario è limitata a soli 6 mesi, dopo i quali si passa al livello retributivo superiore - che costituirebbe un trattamento retributivo autonomo - per cui, pur sommando i 6 mesi all'anno di servizio militare, non si sarebbe mai raggiunta l'anzianità minima di 2 anni necessari per avere l'aumento di una classe di stipendio, con il risultato che si sarebbe finito per vanificare del tutto il beneficio perché ha svolto il servizio di leva.

Del tutto erroneamente l'appellato avrebbe dunque preteso l'applicazione del trattamento economico di "uditore giudiziario dopo 6 mesi" - sin dall'atto di assunzione della magistratura amministrativa - in violazione della precisa lettera della legge per cui il servizio prestato antecedentemente è valido solo "ai fini dell'inquadramento economico", mentre, nel modo preteso dal dottor Br., avrebbe avuto valore anche ai fini della progressione di carriera.

Infine l'amministrazione contesta gli ulteriori profili del ricorso di primo grado, ivi compresa la dedotta eventuale illegittimità costituzionale dell'articolo 20.

L'assunto non può essere condiviso.

In base all'art. 20 il "periodo di servizio militare è valido a tutti gli effetti per l'inquadramento economico e per la determinazione dell'anzianità lavorativa ai fini del trattamento previdenziale del settore pubblico".

L'art. 20 costituisce una disposizione di carattere speciale, che - come ricorda il TAR - era attuativa dell'art. 52 Cost. per cui l'adempimento del servizio militare non deve pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino. 

In tale direzione costituisce una norma di contenuto tipicamente derogatorio, in base alla quale il servizio militare dovesse esser valido a tutti gli effetti sia ai fini dell'inquadramento economico e sia per la determinazione dell'anzianità lavorativa ai fini previdenziali.

Ciò premesso, alla luce del dato normativo, ha ragione il TAR quando sottolinea che il beneficio va riconosciuto nella sua interezza, in quanto l'art.20 cit. non autorizza alcuna interpretazione atta ad introdurre, in via transitoria, la scissione del servizio militare in frazioni mensili, distinguendo fra le frazioni di servizio ricadenti in data anteriore alla legge e quelle successive.

Nel caso dunque, considerando che il servizio militare prestato dal ricorrente, era iniziato prima dell'introduzione della legge 958 ed era "in corso" alla data di riferimento del 30 gennaio 1987 di entrata in vigore della legge predetta, non vi sono dubbi sulla sua piena, e certa, applicazione all'interessato.

Ha poi pienamente ragione l'appellato laddove sottolinea l'assoluta estraneità:

- dell'art. 5 legge 425/84 recante "Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati" che ha stabilito la regola per cui, in caso di promozione conseguita dopo il 1° luglio 1983, ai magistrati compete una maggiorazione del nuovo stipendio iniziale per un importo corrispondente alle classi, o aumenti, biennali maturati nella posizione di provenienza, esclusivamente derivanti dal servizio effettivo nella precedente qualifica e non anche quelle originante da servizi ancora pregressi, da anzianità convenzionali, ecc. le quali rilevano ai soli fini dell'individuazione dello stipendio "iniziale" della nuova posizione come sopra identificato;

- dell'art. 4 comma 5° legge 425/84 in ordine alla determinazione dei nuovi stipendi del personale di magistratura, che non trovano applicazione nei confronti dell'uditore giudiziario, non potendo questi vantare in suo favore alcun servizio in qualifiche "inferiori" (cfr: Consiglio Stato, sez. IV, 7 maggio 2004, n. 2843).

Di fronte al chiaro intendimento del legislatore è evidente che le modalità applicative finivano per comprimere irragionevolmente un beneficio di carattere speciale specificamente disciplinato dalla legge.

Infatti, se si volesse seguire l'assunto dell'amministrazione appellante, secondo cui l'applicazione anticipata del livello retributivo avrebbe dovuto essere connessa alla posizione di "uditore giudiziario dopo 6 mesi", si finirebbe per dover ammettere l'effetto per cui l'anno di beneficio derivante dal riconoscimento del periodo di leva obbligatoria si ridurrebbe automaticamente a soli 6 mesi, decorsi i quali la sua posizione sarebbe uguale a quella di qualsiasi altro collega.

Invece ha ragione il dottor B. quando ricorda che la progressione stipendiale del magistrato viene garantita dalla legge del tempo in maniera automatica, e l'art. 20 imponeva l'ottenimento di ciascuna classe stipendiale un anno prima rispetto al collega di pari qualifiche che non avesse svolto il servizio militare.

Deve infine negarsi che:

- il beneficio potesse avere qualche rilievo sull'aspetto giuridico in quanto è evidente che la qualifica rivestita era comunque insensibile al relativo trattamento economico dal momento che il vantaggio economico riconosciuto prescindeva dalla qualifica rivestita e dall'effettiva progressione in carriera;

- i provvedimenti impugnati in primo grado fossero comunque favorevoli all'interessato: gli atti di esecuzione con riserva della sentenza qui gravata, con il pagamento degli arretrati e con la rivalutazione delle anzianità ai fini economici, dimostrano comunque il contrario.

In conclusione l'appello del Ministero è infondato e deve essere respinto.

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Francesco Pandolfi
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Si occupa principalmente di Diritto Militare in ambito amministrativo, penale, civile e disciplinare ed и autore di numerose pubblicazioni in materia.
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