Ai fini del risarcimento del danno patrimoniale futuro subito a seguito di un sinistro stradale, se la riduzione della capacità di guadagno è presunta, spetta al danneggiato dimostrare, nel quantum, la contrazione dei redditi, non liquidabile in via equitativa. 

Con questo principio di diritto, affermato nella sentenza n. 11361 del 22 maggio 2014, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della prova del danno patrimoniale permanente, in una fattispecie in cui la vittima, un chirurgo odontoiatra, avendo subito a seguito di un incidente stradale, un danno agli arti superiori con conseguente riduzione della capacità lavorativa accertata pari al 18%, chiedeva la liquidazione del danno futuro, negato sia in primo che in secondo grado, per non aver fornito rigorosamente la prova del danno. 

Confermando in linea generale il ragionamento seguito dai giudici di merito, la S.C. vi apportava, tuttavia, dei correttivi. In particolare, secondo la Cassazione, il rilevante stato invalidante (18%) della vittima costituisce presunzione idonea dell'esistenza del danno patrimoniale nella futura attività, escludendo che il danneggiato debba fornire la prova del nocumento. Difatti, osserva la Corte, "una volta provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità (cosiddette "micropermanenti', le quali non producono danno patrimoniale ma costituiscono mere componenti del danno biologico), è possibile presumere che anche la capacità di guadagno di una vittima che eserciti già attività lavorativa risulti ridotta nella sua proiezione futura — peraltro non necessariamente in modo proporzionale — salvo superamento di tale presunzione per effetto di prova contraria". 

Nondimeno, se l'an è certo, non è così per il quantum. Deve ritenersi, osserva, infatti, la Corte che "la presunzione copra solo l'an dell'esistenza del danno, mentre, ai fini della sua quantificazione, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro dando prova di quali siano stati i suoi redditi". A maggior ragione, nel caso di specie, considerato che il danneggiato avendo proseguito la propria attività, ben poteva dimostrare l'entità del pregiudizio. 

Ciò esclude, sottolinea, pertanto, la Cassazione che "salvo che per le circostanze concrete, non imputabili al danneggiato, sia impossibile o difficile la dimostrazione di tale contrazione", il giudice possa esercitare il potere di cui all'art. 1226 c.c., riguardante la quantificazione del solo danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, "situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produca reddito e, dunque, possa dimostrare di quanto il reddito sia diminuito".


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