"Il lavoratore che deduce il diritto alla promozione automatica ai sensi dell'art. 2103 cod. civ. ha l'onere di provare che il lavoratore sostituito era assente senza diritto alla conservazione del posto, configurandosi tale circostanza come fatto costitutivo del diritto alla promozione".

Ribadendo tale principio la Corte di Cassazione, con sentenza n. 11717 del 15 maggio 2013, ha rigettato il ricorso di una lavoratrice avverso la sentenza del Giudice d'Appello che, pur  ritenendo attendibile l'affermazione della lavoratrice di avere svolto mansioni superiori non retribuite o senza specifico comando, affermava che non vi era certezza che si trattasse di prestazioni rese per copertura di posti vacanti, ovvero per sostituzione di lavoratori assenti, sicché, alla luce delle sole risultanze certe, doveva pervenirsi, in riforma della sentenza di primo grado, al rigetto della domanda.

La Suprema Corte ha precisato che non può affermarsi il principio che nella materia in esame, riguardante la promozione automatica ex art. 2103 codice civile, gravi sul datore di lavoro la prova che il lavoratore sostituito abbia diritto alla conservazione del suo posto di lavoro, né può giustificarsi tale assunto con il riferimento al criterio - da ricondurre al disposto dell'art. 24 Cost. - della "disponibilità" e della "prossimità" della circostanza da provare in capo al datore di lavoro, e ciò al fine di non rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'azione in giudizio con conseguente indebolimento della tutela del diritto.

"La norma dell'art. 2103 c.c. - che disciplina nella sua astratta fattispecie anche il riconoscimento del diritto alla definitiva assegnazione a mansioni superiori - induce ad affermare, nella ripartizione dell'onere della prova, che chi invoca tale diritto debba allegare e provare, nel caso concreto, che lo svolgimento delle mansioni sia avvenuto su posizioni lavorative prive di titolare, salva sempre a carico del datore di lavoro la prova contraria che l'assegnazione era funzionale, invece, alla sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro."

Correttamente - affermano i giudici di legittimità - la Corte territoriale ha ritenuto infondata la domanda della lavoratrice stante la incertezza in ordine alla circostanza che l'assegnazione della stessa - per gli ulteriori giorni utili a realizzare il periodo di assegnazione richiesto - fosse avvenuta per la copertura di posti vacanti e non piuttosto per la sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto. Ed ulteriore incertezza è rimasta anche con riferimento alla riferibilità della destinazione della lavoratrice a diverse mansioni a disposizione datoriale.


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