Su Posta & Risposta n. 365 pubblichiamo la seconda parte del ricco materiale di riflessione inviatoci da Angelo Casella, che ringraziamo vivamente. In coda a questo nuovo contributo rinvenite il primo intervento del 25 gennaio 2013 del nostro apprezzato visitatore. Buona lettura!

Continuano i vaneggiamenti sui media a proposito del "debito nazionale" che "bisogna pagare" e "mettere i conti in ordine". (Auspicate, allo scopo, privatizzazioni selvagge e vendite del patrimonio pubblico). Riprendiamo perciò alcuni concetti, in parte già espressi.
1.- Il debito pubblico italiano, di circa 1900 miliardi, non è tecnicamente "pagabile". Esso corrisponde a circa 34 mila euro per cittadino, compresi i neonati. Evidentemente impensabile un taglieggiamento di questa portata (che poi, in pratica, ricadrebbe per intero sui circa 20 milioni che pagano regolarmente le tasse).
2.- Questo enorme debito deve la sua dimensione abnorme essenzialmente al cumulo degli interessi, che rappresentano i due terzi del totale. Questo fenomeno è da ascrivere all'anomalo sistema di emissione dei titoli pubblici, oggi in uso. Questo avviene mediante asta, il cui meccanismo favorisce impropriamente l'acquirente, che è in tal modo in grado di fissare egli stesso l'ammontare degli interessi sui titoli in vendita. E così è il creditore che stabilisce l'ammontare del suo credito (!!).
Con questo sistema, i titoli "sovrani" costituiscono un ghiotto parco giochi per i grandi speculatori internazionali che, con i trucchetti del "rating" e dello "spread", dei derivati e delle "assicurazioni" sul "default", guadagnano cifre colossali. E adesso aspettano di ricevere dal nostro Paese la succulenta torta del debito in essere.
3.- In queste condizioni, gli unici provvedimenti da prendere sono:
a) una piccola legge, di poche righe, che dichiari non commerciabili sul mercato i titoli dello Stato italiano.
La compravendita
può avvenire solo con soggetti autorizzati.
Primo risultato: i titoli vengono emessi a 100 e questa quotazione mantengono fino alla scadenza. Non potrà più accadere che titoli acquistati a 100, scendano a 60 e simili, in dipendenza degli "umori" del c.d. mercato.
Secondo risultato: vengono azzerati i problemi (fasulli) dello "spread" e del"rating" e tutte le conseguenti connesse speculazioni, a danno dei risparmiatori e dei contribuenti.
b) un'altra piccola legge cambia il metodo di offerta dei titoli in emissione. Non più aste, poiché non vi è alcun motivo di pretendere una ipotetica concorrenza fra i grandi operatori finanziari che accedono alle aste. Costoro, sono tutti d'accordo per trarre il massimo profitto possibile dai tassi di rendimento, e concordano preventivamente i tassi da imporre. Il sistema dell'asta serve solo a favorire questo giochetto fruttuoso (per loro). I titoli devono essere emessi alla pari, con esclusione anche di ogni onere aggiuntivo per spese e commissioni (perché si tratta di un prestito chiesto dallo Stato).
Il tasso di interesse relativo viene fissato, al momento, dallo Stato (ad un livello leggermente più basso del tasso medio di mercato sui titoli obbligazionari). Ove necessario, le banche e le istituzioni finanziarie potranno essere obbligate a sottoscrivere l'invenduto. Risultato: i titoli pubblici assumono la loro dimensione naturale di sicuro rifugio del risparmio delle famiglie, così come dovrebbe essere la loro funzione.
4.- Il debito esistente di 1900 miliardi. Deve essere ristrutturato, prima di procedere ai mutamenti di cui sopra.
Il primo passo è operare una netta separazione fra i titoli posseduti da risparmiatori e famiglie e titoli posseduti dagli speculatori internazionali.
I primi, andranno rimborsati integralmente.
I secondi, subiranno una decurtazione, simbolica attesi i guadagni già realizzati, del 70%.
5.- La prospettata vendita del patrimonio demaniale ed annessa cessione a privati dei servizi pubblici fondamentali, è da scartare, peggio della peste.
Conoscendo bene il nostro beato Paese, ed il suo livello di moralità pubblica, sappiamo infatti come queste cessioni finirebbero.
Sicuramente peggio che nella Russia di Eltsin, nella quale i membri della nomenklatura "acquistarono" a prezzi meno che fallimentari i gioielli dello Stato sovietico (sopratutto le grandi aziende economiche).
Quanto alle privatizzazioni, si tratta di una vera oscenità istituzionale, del tutto inaccettabile.
6.- Per ciò che si riferisce alla patrimoniale, suggerita da qualcuno a margine, potrebbe in effetti rappresentare un importante segnale di equità.
A condizione che venga applicata tenendo conto che un 10 per cento della popolazione detiene circa il 50 per cento della ricchezza esistente nel Paese. Così che il 5o% del prelievo deve andare a ricadere su quel 10%.
Naturalmente, non è da sperare che né governi c.d. "tecnici", formati da financial servants, i pretoriani della finanza, né succubi e genuflessi governi politici possano adottare le suesposte, elementari soluzioni.
A meno che a ciò vengano costretti dai cittadini.
Vai al precedente intervento di Angelo Casella:
DEBITO PUBBLICO - Origini, cause e modalità di estinzione (di Angelo CASELLA)
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