In materia di contributo al mantenimento, con la sentenza n. 20064, depositata il 30 settembre scorso, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'assegno di mantenimento che grava sul padre non può essere oggetto di riduzione per problemi economici se ci sono (anche solo) gravi indizi che tale situazione sia simulata e non reali. Secondo la ricostruzione della vicenda, in primo grado, con ordinanza, il Tribunale di Messina, riduceva da 700 a 600 euro, l'importo dell'assegno dovuto alla moglie a titolo di contributo al mantenimento dei due figli minori. L'uomo aveva richiesto una maggiore riduzione dell'assegno ma i giudici avevano deciso la riduzione di soli 100 euro spiegando che "la dedotta cessazione all'attività imprenditoriale svolta in precedenza era stata predisposta artatamente al fine di ottenere la maggiore riduzione possibile del'assegno. Contro tale provvedimento, l'uomo proponeva impugnazione, deducendo la cessazione dell'attività di lavoro autonomo, per sopravvenute difficoltà economiche, e della sua successiva assunzione come lavoratore part-time
alle dipendenze della cessionaria. La Corte di appello di Messina, respingeva il reclamo ribadendo la sussistenza di forte elementi indiziari tali da far ritenere la simulazione della cessazione dell'attività. Su ricorso per cassazione proposto dell'uomo, gli Ermellini, confermando le decisioni dei giudici territoriali, hanno spiegato che il provvedimento che dispone l'importo dell'assegno dovuto alla moglie a titolo di contributo al mantenimento della prole, non è oggetto di modifica per sopravvenute difficoltà economiche, laddove sussistono forti elementi indiziari tali da far ritenere che la nuova situazione non sia reale ma simulata, creata con l'inganno al fine di raggiungere lo scopo della rideterminazione dell'assegno.
Consulta sentenza n.20064/2011

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