I contributi di solidarietà introdotti dagli Enti previdenziali privati per moderare le pensioni più alte e far quadrare l'equilibrio finanziario, proprio non piacciono alla Suprema Corte.
I contributi di solidarietà introdotti d'imperio dagli Enti previdenziali privati per moderare le pensioni più alte e far quadrare l'equilibrio finanziario, proprio non piacciono alla Suprema Corte. 

La sentenza n. 26102/2014, depositata l'11 dicembre scorso, ha infatti giudicato illegittimo il prelievo di solidarietà per il quinquennio 2009/2013 imposto ai pensionati della Cassa dei Dottori Commercialisti, per contrarietà al principio di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento. 

Come già affermato nelle sentenze nn. 11792/2005, 25029/2009 e 20235/2010, secondo i giudici della Cassazione: "Una volta maturato il diritto alla pensione di anzianità, l'Ente previdenziale debitore non può con un atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l'importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l'affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso dell'articolo 3 della Costituzione, nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo".

Pertanto, i diritti acquistati, gli importi pensionistici già maturati, non possono in nessun caso essere messi in discussione.

Per preservare l'equilibrio finanziario e garantire l'erogazione futura delle prestazioni, dunque, le Casse previdenziali professionali possono agire su altre leve - ad esempio: aumentando le aliquote, riparametrando i coefficienti o modificando i criteri di calcolo dei trattamenti -, ma non possono ricorrere ai prelievi di solidarietà, istituto che esula totalmente dalla loro sfera di autonomia decisionale.

Qui sotto il testo della sentenza.

Cassazione Civile, testo sentenza n.26102/2014

Foto: giudice sentenza martello
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