Non solo l'assistenza economica ex art. 433 c.c., bensì anche quella morale o si rischia l'ipotesi di reato ex art. 591 c.p.

di Lucia Izzo - Non sono solo i genitori a doversi occupare dei figli, ma anche il contrario, soprattutto quando l'età avanza e i familiari diventano anziani e non autosufficienti. Un assunto che non appare affatto pacifico, posti i sempre maggiori contrasti nascenti nei nuclei familiari, in particolare tra fratelli e sorelle, circa la cura degli anziani genitori.


Va a tal proposito rammentato che l'assistenza ai genitori anziani non rappresenta un mero dovere "morale" e ciò lo si desume dalle molteplici disposizioni legislative in cui rilevano veri e propri obblighi in tal senso.

Figli: gli "alimenti" ai genitori

L'assistenza economica nei confronti del genitore, si desume dagli artt. 433 e ss. del codice civile che precisano la disciplina degli alimenti legali, prestazioni di assistenza materiale dovute per legge alla persona che si trova in stato di bisogno economico e che trovano la fonte, anche costituzionale, nel dovere di solidarietà (art. 2 Cost.).


All'obbligo di prestare gli alimenti nei confronti di chi versa in stato di bisogno e non è in grado di provvedere al proprio mantenimento sono tenuti, tra l'altro, i figli, anche adottivi. Se dunque il genitore anziano sia in stato di bisogno oltre che economicamente incapace di provvedere ai propri bisogni, dovranno essere i figli ad intervenire.


Si tratta di un obbligo che grava su tutti i figli, ma che può essere graduato in relazione alle concrete capacità reddituali del singolo. Infatti, quanto alla misura degli alimenti, l'art. 438 c.c. precisa che devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli e non devono, tuttavia, superare quanto sia necessario per la vita dell'alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale.

Il figlio potrà, a sua scelta, corrispondere al genitore indigente un assegno periodico oppure, come dispone l'art. 443 c.c., accoglierlo e mantenerlo nella propria casa. L'inadempimento espone al rischio di integrare il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare di cui all'art. 570 c.p., che prevede la reclusione fino a un anno e la multa da euro 103 a euro 1.032 anche per chi faccia mancare i mezzi di sussistenza agli ascendenti.

L'assistenza "morale" al genitore anziano

Non è solo l'assistenza economica a rilevare nei confronti del genitore anziano e non autosufficiente, ma anche quella "morale", ossia la concreta vicinanza affinché questi non resti solo a casa, trascurato e incapace di badare a se stesso.


Nonostante manchi una norma sull'argomento e l'assistenza morale rappresenti un adempimento per lo più spontaneo, la giurisprudenza ha precisato anche lasciare il genitore anziano da solo, privo di cure e assistenza, può costituire un'ipotesi di abbandono di persone incapaci penalmente sanzionata.


L'art. 591 c.p., infatti, punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni, non solo l'abbandono del minore, bensì anche quello di una persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura.


Nella sentenza n. 44098/2016, la Cassazione ha ritenuto integrato tale delitto nel caso in cui un soggetto abbia tenuto condotte contrarie all'obbligo giuridico di cura del padre anziano su di lui gravante e si sia verificato un pericolo per il soggetto trascurato (per approfondimenti: Cassazione: lasciare il padre anziano da solo è reato).


In particolare, quanto al fondamento del dovere giuridico e morale ravvisabile in capo al figli, la Corte ha condiviso le ragioni della Corte d'Appello riferite sia al riconoscimento della famiglia come società naturale di cui all'articolo 29 della Costituzione, sia all'inquadramento di questa tra le formazioni sociali ove i singoli svolgono la loro personalità, sia all'adempimento dei doveri di solidarietà sociale di cui all'articolo 3 della Costituzione.


Ancora, il Tribunale di Firenze, nella sentenza n. 3964/2016, ha confermato la condanna a un uomo totalmente disinteressatosi della propria madre, affetta da psicosi cronica con deficit cognitivo, lasciata a vivere isolata e in stato di degrado sia morale che materiale (per approfondimenti: Il figlio che non aiuta i genitori commette reato). 


Il volontario disinteresse che ha provocato l'omissione di prestare cura e assistenza al genitore in difficoltà, pur sapendo che egli non avrebbe potuto provvedere a se stesso, è idoneo a far scattare l'ipotesi di reato ex art. 591 c.p.


Per il Tribunale, il figlio riveste una posizione di garanzia nei confronti del genitore da cui deriva un dovere di cura giuridico, oltre che morale, come suggerisce la "corretta interpretazione sistematica delle norme di livello costituzionale riguardanti il riconoscimento della famiglia come società naturale (art. 29 Cost.), il suo inquadramento tra le formazioni sociali ove si svolge la personalità dei singoli e l'adempimento dei doveri di solidarietà sociale (art. 3 Cost.) - nonché - da quelle del codice civile che impongono il dovere di rispetto dei figli verso i genitori, che diventa concretamente stringente in caso di stato di bisogno ed incapacità del singolo a provvedere al proprio mantenimento (art. 433 c.c.)". 


Poichè lo scopo della summenzionata norma penale è quello di tutelare il valore etico-sociale della sicurezza della persona fisica contro determinate situazioni di pericolo, ha concluso il Tribunale "nessun limite si pone nella individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza che realizzano la protezione di quel bene e che si desumono dalle norme giuridiche di qualsivoglia natura, da convenzioni di natura pubblica o privata, da regolamenti o legittimi ordini di servizio, rivolti alla tutela della persona umana, in ogni condizione ed in ogni segmento del percorso che va dalla nascita alla morte".


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