Legittimo per la Cassazione il licenziamento del dipendente che si allontana dal posto di lavoro senza timbrare entrate e uscite intermedie

di Marina Crisafi - Non solo i furbetti del cartellino che fanno timbrare l'uscita da qualcun altro, ma anche il licenziamento del dipendente pubblico che esce senza timbrare la "pausa" è valido. Lo ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25750/2016 (qui sotto allegata), pronunciandosi sulla legittimità del licenziamento comminato ex art. 55-quater d.lgs. n. 165/2001 ad un dipendente, reo di avere "ingannato" il datore di lavoro sull'orario di servizio prestato, in vigenza della normativa anteriforma Madia (d.lgs. n. 116/2016).

Nella vicenda, il dipendente non aveva alterato i sistemi di rilevamento della presenza o fatto timbrare l'uscita da qualche collega ma si era allontanato negli intervalli tra l'ingresso e l'uscita dal luogo di lavoro (precisamente alle ore 9:16 e 15:46), senza registrare le timbrature intermedie, fornendo così un'attestazione non veritiera sulla sua reale presenza in servizio.

In entrambi i gradi di merito, era stato escluso che tale condotta potesse giustificare il licenziamento, giacché il dato letterale dell'art. 55-quater (c. 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001), ante riforma Madia, sanziona le "modalità fraudolente" volte ad alterare e/o manomettere i sistemi di rilevamento della presenza.

L'Inps non ci sta e adisce il Palazzaccio e i giudici danno ragione all'ente.

La normativa anteriforma (applicabile "ratione temporis alla vicenda in commento) affermano infatti da piazza Cavour "sanziona con il licenziamento la falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente e la giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia". Per cui, la "chiara formulazione della disposizione ed anche la sua 'ratio, di 'potenziamento del livello di efficienza degli uffici pubblici e di contrastare i fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo', inducono ad affermare che la registrazione effettuata attraverso l'utilizzo del sistema di rilevazione della presenza sul luogo di lavoro è corretta e non falsa solo se nell'intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente in ufficio, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in cui miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita".

In altre parole, la violazione disciplinare si realizza non solo quando viene alterato o manomesso il sistema, ma in tutti i casi in cui la timbratura "miri a far risultare falsamente che il lavoratore è rimasto in ufficio durante l'intervallo temporale compreso tra le timbrature/registrazioni in entrata ed in uscita". Per cui, la condotta del lavoratore che si allontana dal luogo di lavoro per "periodi di assenza economicamente apprezzabili" è idonea, oggettivamente, ad indurre in errore l'amministrazione sulla sua presenza e a legittimare il licenziamento. Da qui l'accoglimento del ricorso.

Cassazione, sentenza n. 25750/2016

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