La violazione dell'obbligo informativo rappresenta un danno autonomo da quello della lesione alla salute

di Marina Crisafi - Se manca il consenso informato, il paziente va risarcito a prescindere dal fatto che l'intervento sia riuscito. La violazione dell'obbligo informativo, infatti, costituisce un danno autonomo da risarcire anche se non vi è stato un danno alla salute, in quanto ad essere leso è il diritto all'autodeterminazione del malato. Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza n. 10414/2016 (pubblicata il 20 maggio scorso e qui sotto allegata), accogliendo il ricorso di una paziente che chiedeva la condanna del medico e della struttura sanitaria al risarcimento del danno per l'inadempimento degli obblighi informativi. 


Nel caso di specie, la paziente veniva, peraltro, risarcita con le tabelle milanesi, per l'intervento chirurgico effettuato ("settoetmoidosfenectomia decompressiva neurovascolare entronasale radicale di terzo grado") con l'obiettivo di risolvere le crisi di cefalee di cui soffriva, che aveva addirittura aggravato i suoi problemi di salute. Ma i giudici di merito liquidavano i danni, accertati a mezzo di ctu, pari al 18% del danno biologico (oltre 6 mesi di invalidità temporanea al 50% e 6 mesi di invalidità temporanea al 25%), giudicandoli esaustivi e comprensivi della sofferenza morale patita dalla danneggiata e di ogni altro profilo di danno non patrimoniale dedotto in atto.

La paziente ricorreva, quindi, innanzi, al Palazzaccio sostenendo l'errore delle sentenze di merito laddove non ravvisano come autonoma e distinta voce di risarcimento la mancanza di informazione e di consenso informato, assumendo che ciò costituisce di per sé un danno nei confronti della paziente che deve essere risarcito in maniera autonoma ed a prescindere dal danno alla salute e dagli altri danni ad esso connessi. 

Per gli Ermellini, la donna ha ragione.

In tema di attività medico-chirurgica, si legge infatti in sentenza, è principio consolidato che "è risarcibile il danno cagionato dalla mancata acquisizione del consenso informato

del paziente in ordine all'esecuzione di un intervento chirurgico, ancorché esso apparisse, 'ex ante', necessitato sul piano terapeutico e sia pure risultato, 'ex post', integralmente risolutivo della patologia lamentata, integrando comunque tale omissione dell'informazione una privazione della libertà di autodeterminazione del paziente circa la sua persona, in quanto preclusiva della possibilità di esercitare tutte le opzioni relative all'espletamento dell'atto medico e di beneficiare della conseguente diminuzione della sofferenza psichica, senza che detti pregiudizi vengano in alcun modo compensati dall'esito favorevole dell'intervento" (cfr., in tal senso, Cass. n. 12205/2015).

L'acquisizione del consenso informato del paziente, dunque, ad opera del sanitario, è "prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l'intervento terapeutico, di talché l'errata esecuzione di quest'ultimo dà luogo ad un danno suscettibile di ulteriore e autonomo risarcimento rispetto a quello dovuto per la violazione dell'obbligo di informazione, anche in ragione della diversità dei diritti rispettivamente, all'autodeterminazione delle scelte terapeutiche ed all'integrità psicofisica - pregiudicati nelle due differenti ipotesi".

Da qui l'accoglimento del ricorso. La parola passa al giudice del rinvio.

Cassazione, sentenza n. 10414/2016

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