Lucia Rocchi illustra il caso della volontaria cancellazione dall'albo che importa la simultanea perdita dello ius postulandi attivo e passivo

di Paolo M. Storani - Ospitiamo in LIA Law In Action un'analitica nota a sentenza dell'Avv. Lucia Rocchi del foro di Macerata avuto riguardo alla recentissima pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione Civile del 13 febbraio 2017, n. 3702, Pres. Rordorf e Amoroso, Rel. Antonio Manna, che fa chiarezza in ordine alla sorte della notifica dell'atto di appello eseguita nei riguardi del procuratore dell'appellato che, al momento della medesima notifica, risulti cancellato dall'albo: giuridicamente inesistente, nulla (nullità sanabile) o, invece, idonea ad instaurare validamente il contraddittorio e ad impedire il passaggio in giudicato della pronuncia impugnata?

Lasciamo, dunque, la parola a Lucia Rocchi, sentitamente ringraziandola per l'ambita preferenza, non prima di avere esteso il ringraziamento all'Avv. Giacomo M. Perri, che ha patrocinato la causa e che ha pensato a queste colonne virtuali per la pubblicazione dell'ottimo elaborato.

Principi di diritto

"1. La notifica dell'atto di appello eseguita al difensore dell'appellato che, nelle more del decorso del termine di impugnazione, si sia volontariamente cancellato dall'albo professionale, non è inesistente - ove il procedimento notificatorio, avviato ad istanza di soggetto qualificato e dotato della possibilità giuridica di compiere detta attività, si sia comunque concluso con la consegna dell'atto - ma nulla per violazione dell'art. 330 co.1 c.p.c., in quanto indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, atteso che la volontaria cancellazione dall'albo degli avvocati importa per il professionista la simultanea perdita dello ius postulandi tanto nel lato attivo quanto in quello passivo.

2. La nullità di tale notifica - ove non sia stata sanata con efficacia retroattiva, mediante sua rinnovazione dando tempestivamente seguito all'ordine ex art. 291 co. 1 c.p.c. o grazie alla volontaria costituzione dell'appellato - importa nullità del procedimento e della sentenza di appello, ma non anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, giacché l'art. 301 co. 1 c.p.c. deve ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, secondo interpretazione costituzionalmente conforme, in funzione di garanzia del diritto di difesa, anche l'ipotesi dell'avvocato che si sia volontariamente cancellato dall'albo, con ulteriore conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi."

1. CENNI INTRODUTTIVI

Le Sezioni Unite, con la sentenza annotata, definitivamente risolvono l'annosa querelle riguardante le sorti della notificazione dell'atto d'appello eseguita nei confronti del procuratore cancellatosi dall'albo nelle more della impugnazione, giungendo a confermare l'orientamento a favore della nullità della stessa, ritenuto negli ultimi anni minoritario.

La portata di detta sentenza tuttavia si spinge anche oltre, in quanto la Corte, muovendo dall'assetto del previgente codice di rito e ripercorrendo l'evoluzione del pensiero giurisprudenziale sino all'oggi, perviene a ricollocare la cessazione dalle funzioni di procuratore per volontaria cancellazione dall'albo tra le cause interruttive del processo, così riperimetrando una volta per tutte oggetto, ratio ed ambito applicativo degli artt. 85 e 301 c.p.c., attraverso una non più procrastinabile rilettura costituzionalmente orientata degli stessi alla luce dei principi sottesi agli artt. 24 e 111 Cost.


2. LA VICENDA PROCESSUALE

All'esito del giudizio di primo grado svoltosi innanzi al Tribunale di Macerata, le parti soccombenti impugnavano la sentenza conclusiva, emanata in data 29 aprile 2006, provvedendo a notificare cartaceamente l'atto di appello al procuratore costituito in primo grado per l'appellato, nelle more cancellatosi dall'Albo degli Avvocati, mediante "consegna a mani della collega di studio, che ne curerà la consegna al procuratore costituito", la quale nulla in quella sede opponeva.

Nel corso del giudizio di secondo grado, che si svolgeva innanzi alla competente Corte di Appello con la contumacia dell'appellato, veniva emessa sentenza non definitiva in integrale riforma della pronuncia di primo grado.


L'appellato, venuto solo allora a conoscenza del giudizio di appello, proponeva avverso la stessa ricorso per Cassazione a mezzo di nuovo difensore deducendo, quale primo motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 330 c.p.c. e la nullità della impugnata sentenza per nullità della notifica dell'atto di citazione in appello. Contestualmente si costituiva ai fini della prosecuzione del giudizio di appello per chiedere in quella sede la sospensione del processo in attesa della decisione della Cassazione.


Il ricorso, veniva assegnato inizialmente alla prima sezione che decideva, quindi, di rimetterlo alle Sezioni Unite al fine di dirimere il dissidio giurisprudenziale, da anni irrisolto, in merito alla idoneità o meno della notifica dell'atto di impugnazione, eseguita nei confronti del procuratore domiciliatario volontariamente cancellatosi dall'albo, ad istaurare validamente il contraddittorio.


3. LA QUERELLE GIURISPRUDENZIALE

L'art. 330 c.p.c. prevede tra le diverse forme di notificazione dell'impugnazione quella eseguita presso il procuratore costituito per il giudizio di primo grado.


Come preliminarmente rilevato dalle stesse Sezioni Unite, il vigente codice di rito non prende posizione circa gli effetti sullo ius postulandi della cancellazione dall'albo del difensore, diversamente dal codice del 1865 che in maniera espressa e generica riconduceva tutte le possibili ipotesi di cessazione delle funzioni del procuratore tra le fattispecie interruttive del processo.


L'attuale codice, infatti, da un lato inserisce, all'art.301 c.p.c. tra le fattispecie interruttive del processo, le sole ipotesi di radiazione o sospensione dall'albo, dall'altro regolamenta all'art.85 c.p.c. i casi di rinuncia e revoca alla procura, sancendo solo per questi il c.d. principio di ultrattività del mandato.


In assenza di una specifica disposizione legislativa da cui desumere gli effetti della cancellazione volontaria dall'albo sullo ius postulandi, la giurisprudenza, nel tentativo di colmare detta lacuna, ha dato causa negli anni a più soluzioni, compendiabili in tre diversi orientamenti, che hanno tutti avuto riguardo alla problematica della validità o meno della istaurazione del contraddittorio a mezzo della notifica eseguita al procuratore cancellato:


- un primo e risalente indirizzo interpretativo, mosso da due pronunce della Cass. S.U. n. 935/68 e n. 10284/96 ma che ha trovato conferma anche in pronunce recenti (cfr. sentenza Cass. n. 10284 del 21.11.1996, Cass., sez. III, n. 3468 del 22.4.1997, Cass., sez. I, n. 7577 del 17.7.1999, Cass. sez. II, n. 12294 del 5.10.2001, Cass., sez. II, n. 3299 del 6.3.2003, Cass., sez. I, n.1180 del 20.1.2006, Cass. n. 19225 del 21.9.2011, Cass., sez. III, n. 13244 del11.6.2014,) propende per l'inesistenza della notifica avuto riguardo al fatto che il difetto di iscrizione all'albo importa necessariamente la perdita dello ius postulandi inteso quale cpacità di compiere e ricevere atti processuali, nonchè il venir meno dell'elezione di domicilio. L'inesorabile perdita dello ius postulandi implica che l'eventuale prosecuzione dell'esercizio della professione sarebbe illegittima e penalmente sanzionata ex art. 348 c.p., con conseguente inapplicabilità alla fattispecie del principio di ultrattività del mandato e di perpetuatio dell'ufficio defensionale ai sensi del combinato disposto degli artt. 85 e 301 co. 3 c.p.c. (diversamente dai casi di revoca e rinuncia al mandato). Tuttavia, a fronte della necessità di garantire a favore della parte rappresentata dal difensore cancellatosi dall'albo il diritto di difesa ed il contraddittorio in conformità agli artt. 24 Cost. e 111 Cost. detta impostazione propende per un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 301 co. 1 c.p.c. tale da ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, in via estensiva o analogica, anche l'ipotesi di cancellazione volontaria dall'albo;


- un ulteriore diverso indirizzo, condiviso anch'esso da numerosi precedenti giurisprudenziali (cfr. Cass. n. 12478/13; Cass. n. 9528/09; Cass. n. 27450/05; Cass. n. 11360/99) sulla base delle medesime premesse sopra esposte predilige, piuttosto, la tesi della nullità della notificazione avuto riguardo ai principi giuridici che distinguono nullità ed inesistenza quali sanzioni diverse ad uno scostamento più o meno grave dalla previsione normativa. A base di detta impostazione sta il fatto che il domiciliatario cancellatosi volontariamente dall'albo non è un soggetto totalmente estraneo al destinatario dell'atto, quanto piuttosto, un soggetto ad esso certamente collegabile proprio in ragione del ruolo processuale originariamente rivestito. Per dette ragioni le notificazioni eseguite nei suoi confronti sono da ritenere sì viziate perchè non rispondenti alla previsione normativa di cui all'art.330 c.p.c. in quanto indirizzate ad un soggetto non più abilitato a riceverle, ma riconducibili alla categoria della nullità e non a quella dell'inesistenza, con possibilità di sanatoria ex tunc del vizio a mezzo di costituzione volontaria dell'appellato o di tempestiva esecuzione dell'ordine di rinnovazione della notificazione di cui all'art.291 c.p.c.


- la terza tesi, affermatasi più di recente con le pronunce Cass. n. 10301/12, Cass. n. 12261/09 Cass. n. 8054/04, Cass. n. 3142/04, Cass. n. 5197/99 e Cass. n. 13282/99, afferma, invece, la validità ed efficacia della notificazione dell'atto di appello eseguita presso il difensore della parte costituita, anche quando questi si sia volontariamente cancellato dall'albo professionale. Detta tesi, partendo dal presupposto che l'art.301 c.p.c. riguarda ipotesi di cancellazione dall'albo tutte accomunate dall'essere la perdita dello ius postulandi effetto di un evento esterno alla volontà dell'avvocato e dallo stesso non controllabile, ne esclude l'applicabilità alla ipotesi di cancellazione volontaria dall'albo. Secondo tale impostazione, infatti, la cancellazione volontaria costituisce un fatto equiparabile quanto agli effetti ad una rinuncia complessiva a tutti i mandati conferiti, con perfetta applicabilità dell'art. 85 c.p.c. sia pure dal solo lato passivo della ricezione degli atti indirizzati alla parte rappresentata.


In tale ottica, il difensore cancellatosi dall'albo, pur perdendo lo ius postulandi attivo, mantiene, ai sensi dell'art. 85 c.p.c., la capacità di ricevere gli atti processuali della controparte e dell'ufficio dei quali sia prevista la ricezione. La permanenza del ministero del difensore sotto l'aspetto esclusivamente passivo viene giustificata avuto riguardo all'art.1396 c.c., il quale nel disciplinare l'istituto della rappresentanza dal punto di vista sostanziale, esclude l'opponibilità delle cause di estinzione del potere di rappresentanza ai terzi che le abbiano ignorate senza colpa, con l'eccezione di quelle di cui al co. 1. Il riferimento a detta ultima norma nonchè la possibilità sempre riconosciuta al cliente di sostituire il difensore escludono in radice, secondo detta impostazione, che possano porsi questioni di tutela del contraddittorio o del diritto di difesa del destinatario della notifica.


4. INQUADRAMENTO SISTEMATICO

La esposta querelle in merito alle sorti della notificazione eseguita al procuratore volontariamente cancellatosi dall'albo si inquadrata nell'alveo della più ampia disciplina concernente la forma e l'invalidità degli atti processuali e più in particolare delle notificazioni.


Sul punto costituisce norma cardine l'art. 160 c.p.c. il quale dispone la nullità testuale in tutti i casi in cui non siano osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata copia dell'atto, o vi sia incertezza assoluta sulla persona cui è fatta o sulla data.


La disposizione dell'art. 160 c.p.c. copre solo parzialmente l'area dei possibili vizi di nullità delle notificazioni, in quanto disciplina solo alcune vicende patologiche afferenti alla fase terminale di consegna e documentazione del procedimento.


La stessa deve dunque essere integrata mediante ricorso ai principi generali in tema di nullità formali dettati dagli artt. 156 e 157 c.p.c., di cui lo stesso art. 160 c.p.c. fa salva l'applicazione, ed in particolare in riferimento al principio generale di strumentalità delle forme allo scopo, secondo cui la forma di ciascun atto va posta in relazione alla funzione obbiettiva cui lo stesso è preposto, con la conseguenza che la nullità non può mai essere dichiarata se l'atto ha raggiunto lo scopo cui è destinato.


Proprio in ragione del principio di strumentalità delle forme, alla base dell'intera disciplina delle invalidità processuali, la distinzione tra le ipotesi di nullità, inesistenza e validità della notificazione va ricostruita avuto riguardo al fatto che, secondo la prevalente opinione sia dottrinale che giurisprudenziale, scopo della notificazione non è solo quello di portare un determinato atto a conoscenza del destinatario, ma anche quello di conseguire una certezza legale di tale trasmissione.


Ciò posto, si rientra nell'ambito dell'inesistenza (insanabile) quando sussiste una radicale estraneità delle modalità di esecuzione della notifica dal modello processuale tale da escludere in radice l'attitudine dell'atto a pervenire nella sfera di conoscibilità del destinatario. La Cassazione a S.U. ha di recente chiarito, con sentenza n. 14916/16, che la notificazione è inesistente, oltrechè nei casi di notificazione meramente tentata che si verifica quando l'atto sia stato restituito puramente e semplicemente al mittente, ove ne manchino gli elementi qualificatori essenziali ossia a) l'attività di trasmissione da parte di un soggetto dotato, per legge, della possibilità giuridica di compierla; b) la fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti possibili della notificazione previsti dall'ordinamento.


Rientrano, invece, nell'ambito delle nullità (sanabili) i vizi conseguenti a tutte le violazioni delle prescrizioni normative concernenti le vicende patologiche di cui all'art. 160 c.p.c., ove, non attinenti agli elementi costitutivi, sebbene logicamente conciliabili, almeno in astratto, con il verificarsi della conoscenza dell'atto.


Resta, ovviamente, rimessa all'analisi dei requisiti formali necessari al conseguimento dello scopo dell'atto, l'individuazione delle nullità non testuali che possano inficiare le varie fasi di istanza, trasmissione e documentazione, di cui il procedimento notificatorio si compone.


Sulla base della presupposizione di tale inquadramento teorico-normativo, la querelle in merito alle sorti della notificazione eseguita a procuratore volontariamente cancellatosi nelle more dall'albo, ha imposto alle Sezioni Unite di svolgere un serrata indagine sugli effetti di detta cancellazione volontaria con riguardo allo ius postulandi: la verifica, infatti, di un effettivo collegamento tra procuratore cancellato e parte processuale rappresentata determina la validità o meno del contraddittorio che si viene ad istaurare tra le parti con ogni ulteriore conseguenza che ne possa discendere.


5. LA SOLUZIONE DELLE SEZIONI UNITE

Dando per presupposto il predetto quadro sistematico, nel pronunciarsi in merito alle sorti della notificazione dell'impugnazione al procuratore cancellato dall'albo, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto, in via preliminare, di dovere escludere la tesi della inesistenza, non più suscettibile di essere confermata dopo il precedente sopra menzionato SS.UU. n. 14916/16, che ha fissato i criteri guida per poter definire inesistente una notifica.


Conseguentemente, al fine di dirimere il conflitto tra le restanti tesi - quella della nullità e quella della validità della notifica - gli Ermellini si sono concentrati sulla effettiva portata dell'art. 85 c.p.c. che disciplina il fenomeno della ultrattività del mandato in caso di revoca o rinuncia alla procura, pilastro logico-giuridico ineliminabile nella ricostruzione dell'orientamento che ritiene la predetta notifica idonea ad istaurare validamente il contraddittorio e ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza.


Le SS.UU. hanno dunque provveduto, alla luce dei principi costituzionali di garanzia del diritto di difesa e giusto processo di cui agli artt. 24 e 111 Cost., ad una rilettura di tale norma in combinato disposto con l'art. 301 co. 3 c.p.c.


Al presupposto teorema per cui l'art. 85 necessariamente implica la permanenza in capo al difensore della propria capacità quale soggetto professionalmente abilitato, è seguita una interpretazione di detto articolo quale norma di carattere speciale che, a tutela di ambo le parti processuali, ammette l'ultrattività del mandato nelle sole ipotesi di revoca e rinuncia alla procura da parte del difensore, in deroga all'art.301 c.p.c che costituisce invece regola generale, cui ascrivere ogni altra vicenda che colpendo il procuratore alla lite incida sul regolare svolgimento del contraddittorio in sede processuale.


A parere della Corte, dunque, per le motivazioni che precedono, non può trovare disciplina nell'art. 85 c.p.c. l'ipotesi di volontaria cancellazione dall'albo del difensore, poiché quest'ultima necessariamente implica la perdita di capacità professionale del procuratore con conseguente illiceità penale dell'ulteriore attività che venisse da esso prestata.


Inoltre, un'applicazione pura e semplice dell'art.85 alla ipotesi di cancellazione volontaria dall'albo, implicherebbe di fatto una violazione della ratio bilaterale ad esso sottesa, che risulterebbe invece piegata alle esclusive esigenze di tutela della parte avversaria rispetto a quella il cui procuratore si sia cancellato dall'albo.


Così ricostruita la portata della norma in commento, sono dunque da ritenere, a parere della SS.UU., prive di pregio ed assolutamente confutabili, anche le ulteriori ragioni addotte a sostegno della tesi della validità della notificazione concernenti l'assimilazione a mezzo di una fictio iuris della cancellazione dall'albo ad una rinuncia complessiva e contestuale a tutti i mandai conferiti nonchè la possibilità di riconoscere in tal caso una scissione degli effetti dello ius postulandi in applicazione delle norme sostanziali sul mandato.


La Corte rileva quanto al primo punto come quello della fictio iuris sia un argomento inammissibile all'interprete perchè non spettante al giudice ma riservato in via esclusiva al legislatore; quanto al secondo punto, invece, come la disciplina delle vicende della procura alle liti sia retta dal codice di rito in via del tutto autonoma rispetto al diritto sostanziale e come la stessa non preveda in linea di principi generali alcuna scissione di effetti attivi e passivi del mandato, così da doversi ritenere del tutto inconferente il richiamo all'art. 1936 c.c. al fine di giustificare una tale scissione.


Così riperimetrata la portata dell'art. 85 la Corte esclude la validità della notificazione a procuratore cancellato dall'albo e riconosce, in tali casi, un'ipotesi di nullità, per violazione dell'art. 330 c.p.c., sanabile.


D'altro canto, viene esclusa l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 157 c.p.c. co. 2 che inibisce alla parte che vi ha dato corso di potersi avvalere della nullità: nel momento in cui la nullità si è verificata, infatti, il professionista già non rappresentava più validamente la parte assistita, di guisa che a questa non è riferibile alcun concorso nella causazione della predetta nullità.


Una volta affermato il principio della nullità, in relazione alla esigenza di garantire il diritto di difesa ed il regolare contraddittorio per ambo le parti processuali (artt. 24 e 111 Cost), la Corte si spinge oltre ritenendo che alla dichiarazione di nullità della notificazione consegua quella del procedimento e della sentenza d'appello, ma non anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.


Una lettura costituzionalmente orientata anche dell'art. 301 co. 1 c.p.c., infatti, impone di rendere applicabile anche al caso di cancellazione volontaria dall'albo, come nei casi di morte, sospensione e radiazione del procuratore, l'interruzione del termine per l'impugnazione: la ratio, invero, della interruzione del processo ai sensi dell'art.301 c.p.c., è quella di bloccare il giudizio in presenza di eventi che compromettano l'effettività del contraddittorio ed ostacolino la concreta possibilità di una delle parti di svolgere attività difensiva.


6. RISVOLTI APPLICATIVI

Dalla citata sentenza non solo esce risolta a favore della tesi della nullità sanabile la querelle in merito alle sorti della notificazione dell'impugnazione a procuratore nelle more cancellato dall'albo, ma anche definitivamente chiarito l'effetto di detta cancellazione che, facendo inesorabilmente venir meno lo ius postulandi, assurge ad ipotesi interruttiva del procedimento da ricondurre all'art. 301 c.p.c.


È dunque onere del notificante verificare, al momento della notifica, l'attualità del domicilio professionale dell'avvocato cui è indirizzato l'atto, accertando anche la permanenza della relativa iscrizione all'albo.


Ove un tale onere non risultasse assolto e la notifica venisse eseguita nei confronti del procuratore costituito in primo grado ma nelle more cancellato dall'albo, la notificazione risulterebbe nulla.


Si tratterebbe ad ogni modo di nullità deducibile sempre e solo dalla parte interessata, tuttavia sanabile con efficacia retroattiva con la costituzione dell'appellato o con il rinnovo della notificazione in attuazione dell'ordine del giudice ex art. 291 c.p.c., ove emesso.


Ovviamente, come precisato dalla stessa Corte in un passaggio motivazionale, detta impostazione, non potrà valere per le notificazioni telematiche dato che in tal caso, con la cancellazione dall'albo, viene anche a cessare l'operatività dell'indirizzo di posta elettronica dell'avvocato sicchè la notifica non potrà avere luogo (nel senso che il sistema non sarà in grado di produrre la prescritta ricevuta telematica); una notifica meramente tentata, infatti, a giudizio della Suprema Corte è inesistente.


Alla predetta nullità della notificazione, ove non intervenga un'ipotesi di sanatoria, seguirà, per l'effetto estensivo, la nullità anche del procedimento e della sentenza di appello che lo ha concluso; non si verificherà, invece, anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado - come hanno statuito le Sezioni Unite - giacchè l'art. 301 co. 1 c.p.c. deve ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, secondo interpretazione costituzionalmente conforme in funzione di garanzia del diritto di difesa, anche l'ipotesi di cancellazione volontaria dall'albo dell'avvocato, con l'ulteriore conseguenza che il termine di impugnazione non riprenderà a decorrere fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi.


Le Sezioni Unite non vanno oltre nell'affermazione di tale principio, lasciando verosimilmente alla relativa applicazione da parte del Giudice del rinvio determinare nello specifico fin quando sia durato l'effetto della interruzione e quando possa reiniziare a decorrere il termine per eseguire la notifica (a seconda dei casi) nel termine breve o lungo ai fini del tempestivo esercizio del diritto di appello.


Lo scenario in cui si innesta tale affermazione di principio delle SS.UU. vede normalmente effettuata la sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi dall'Albo nel momento in cui la parte appellata (soccombente come in specie nel procedimento di secondo grado), ricorre per cassazione con un nuovo difensore.


Ci si domanda allora se gli effetti di tale designazione (che la parte ha eseguito per un grado successivo e diverso rispetto a quello in cui si è verificata la nullità) possano essere idonei a far decorrere il termine per la rinnovazione della notifica dell'appello, ovvero se tale termine inizi a decorrere con la pronuncia della Suprema Corte che, in applicazione del principio, da qui in avanti dichiarerà la nullità della notifica e della successiva sentenza ad essa conseguita.


Resta fermo il fatto che, se successivamente alla cessazione della interruzione la rinnovazione della notifica dell'atto di appello non dovesse intervenire tempestivamente entro i termini prescritti, si verificherà in tale sopravvenienza il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.


Autrice: Avv. Lucia Rocchi del foro di Macerata

Testo sentenza SS.UU. 3702/2017
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