Per la Cassazione, l'atto impositivo emanato dall'Agenzia delle Entrate prima della scadenza dei 60 giorni viola il contraddittorio endoprocedimentale

di Lucia Izzo - È nullo l'accertamento emesso prima di sessanta giorni dalla conclusione della verifica anche se notificato dopo quel termine. 

Lo ha sottolineato la Corte di Cassazione, VI sezione civile, nell'ordinanza n. 5361/2016 (qui sotto allegata).


L'Agenzia delle Entrate aveva emesso un pvc concernente talune violazioni fiscali a carico di un contribuente, poi aveva emanato un avviso di accertamento a carico dello stesso contribuente per la ripresa a tassazione di vari tributi per l'anno d'imposta 2006.

Il contribuente aveva impugnato l'atto di accertamento sostenendone l'illegittimità per il mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni dall'emissione del pvc, domanda accolta in primo grado e confermata in appello dalla CTR della Liguria.


Anche in sede di legittimità il ricorso del Fisco non trova accoglimento in quanto l'Ufficio non ha effettivamente rispettato il termine dilatorio previsto a pena di nullità dall'art. 12, comma 7, legge n. 212/2000.

I giudici rammentano come la sentenza di Cassazione n. 11088/2015 abbia di recente chiarito che la violazione del contraddittorio endoprocedimentale garantito dalla norma richiamata, sussiste quando l'avviso di accertamento risulta emesso prima della scadenza dei sessanta giorni dalla data del rilascio del processo verbale di constatazione indipendentemente dalla circostanza che la notifica sia avvenuta successivamente


Quando il funzionario dell'Ufficio ha firmato l'atto, chiariscono i giudici, l'atto impositivo da lui sottoscritto si considera emanato: ciò avviene, in primis, poiché la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell'atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché, quando l'atto impositivo viene notificato, o comunque portato a conoscenza del destinatario, esso è già esistente e perfetto, il che significa che è già stato "emanato".


Inoltre, la norma norma richiamata tende a garantire il contraddittorio procedimentale, ossia a consentire al contribuente di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà impositiva si forma quando l'atto impositivo è ancora "in fieri". 

Ne consegue che l'Ufficio dovrà "attendere il decorso del termine previsto dalla legge per la formulazione delle osservazioni e richieste del contribuente, prima di chiudere il procedimento di formazione dell'atto, ossia prima che lo stesso venga redatto in forma definitiva e, quindi, datato e sottoscritto dal funzionario che ha il potere di adottarlo; vale a dire, come appunto la legge recita, venga emanato". 


Nel caso di specie il ricorso va rigettato, non risultando rispettato dall'Agenzia il termine dilatorio previsto in ragione dell'emissione dell'avviso di accertamento in epoca anteriore alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla notifica del p.v.c. 


Cass., VI sez. civ., ord. 5361/2016

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